Indicazioni Nazionali in discussione: perché la revisione ha suscitato perplessità

Il ministro Valditara ha recentemente annunciato l’intenzione di rivedere (o riscrivere?) le Indicazioni nazionali, tanto del primo quanto del secondo ciclo di istruzione. A questo proposito ha insediato una commissione, al momento composta da soli pedagogisti. Come intenderà procedere si vedrà. E sarà il caso di seguire con grande attenzione il percorso di riscrittura, perché in gioco è l’idea di scuola, i valori che la caratterizzano, i criteri che ispirano le scelte didattiche.

Le Indicazioni nazionali sono un documento molto diverso da quelli che erano i Programmi nazionali. Sono un frutto dell’autonomia, che ha riconosciuto ai docenti una grande libertà di progettazione, organizzazione, ricerca (DPR 419/99). Sono, dunque, complementari al curricolo. Mentre il curricolo, elaborato dalle scuole, si deve confrontare con la varietà dei contesti locali, e quindi è espressione di situazioni molto differenziate, le Indicazioni hanno il compito di garantire l’unitarietà del sistema nazionale. Lo devono, però, fare nel rispetto dell’autonomia delle scuole, sapendo dialogare con l’impegno di elaborazione del curricolo richiesto ai docenti. C’è un’altra significativa caratteristica delle Indicazioni nazionali.

Rispetto ai tradizionali Programmi, che erano pensati per durare a lungo, le Indicazioni sono, per loro natura, un documento continuamente rivedibile. Nella società del cambiamento in cui viviamo, la scuola deve saper intercettare con sufficiente flessibilità le nuove sfide e aggiornare le proprie proposte. Per questa ragione, le Indicazioni nazionali vanno intese come un cantiere sempre aperto, ed è necessario garantire un costante monitoraggio e una continua opera di manutenzione. Del resto, lo stesso ‘Regolamento recante le Indicazioni nazionali’ (2012) aveva previsto un Comitato scientifico nazionale (art. 3) incaricato, tra l’altro, di raccogliere le osservazioni delle scuole per le successive formulazioni delle Indicazioni nazionali. Era evidente l’intenzione di garantire il continuo aggiornamento delle Indicazioni, secondo una metodologia di dialogo e partecipazione, e non di continue rivoluzioni, legate al cambiare dei ministri. Un procedimento rispettoso della scuola. Con l’attuale governo, il Comitato non si è più riunito, né è stato rinnovato.

Le Indicazioni nazionali non sono, dunque, un testo intoccabile.

Eppure l’iniziativa intrapresa dal ministro sta suscitando molta perplessità e apprensione, soprattutto in relazione alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e della scuola del primo ciclo. Come mai? Come ha scritto la segretaria della CISL Scuola I. BarbacciLe attuali Indicazioni nazionali per il curricolo sono state varate nel 2012, a coronamento di un lavoro meticoloso e ampiamente partecipato svolto a partire dal 2007. Uno dei pochi lavori realizzato secondo un disegno aperto, fondato su basi metodologiche solide, condiviso con tutti gli interlocutori interessati, tant’è che le Indicazioni nazionali sono, ad oggi, un documento ancora apprezzato e che può considerarsi, nonostante gli anni trascorsi e la progressiva accelerazione dei cambiamenti, pedagogicamente attuale”. Tale documento, aggiornato nel 2018, è dunque ancora largamente apprezzato.

Da qui la sorpresa. Accompagnata da un timore che non va sottovalutato.

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Chi è l’autore
Italo Fiorin
Coordinatore del Comitato Scientifico nazionale per l’attuazione delle Indicazioni Nazionali per il Curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del 2012.

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Nidi e scuole dell’Infanzia, ristrutturazione delle scuole, mensa e tempo pieno. E poi ancora: costruzione di nuove scuole, nuovi linguaggi, didattica digitale e divario Nord-Sud. Per ognuno di questi capitoli abbiamo visto lo stato di avanzamento della spesa e provato a capire a che punto siamo. Ma nell’ultimo numero di Tuttoscuola andiamo anche oltre il PNRR. Per esempio parliamo di tempo scuola, autonomia e LEP e delle sfide dell’istruzione correlate alla migrazione. L’ex ministra dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, prova invece a capire quale futuro si prospetta per l’AFAM, mentre Andrea Gavosto prova a capire quanto sarà utile nella scuola l’intelligenza artificiale. Presente il nostro consueto inserto dedicato alla didattica, con articoli di Claudio Girelli, Franca Da Re, Moira Stefini, Carlo Macale, Alessio Moro e tanti altri. Per la rubrica “Gestire la scuola”, Stefano Stefanel parla invece di scuole e di progettazione senza paracadute, mentre Monia Meraviglia, nell’angolo del DSGA, parla invece di nuove incombenze per gli uffici. Un numero da non perdere!

 

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