Pier Ferdinando Casini, nella sua qualità di presidente onorario dell’antica Accademia degli Incamminati, le cui origini risalgono alla fine del ‘500 (gli stessi anni di fervido dibattito sull’arte e sulla lingua che videro la nascita dell’Accademia della Crusca), ha rilanciato nei giorni scorsi la questione della quarta “i” (come “italiano”), da aggiungere alle tre della celebre triade berlusconiana “inglese, internet, impresa”.

Casini si è espresso in tal senso in occasione della presentazione del volume, curato dalla stessa Accademia, “Per la lingua italiana”, svoltasi alla Camera. Le motivazioni avanzate dagli Incamminati a sostegno della quarta “i” non sono però assimilabili a quelle addotte da Berlusconi a giustificazione delle prime tre, strettamente collegate ad un esplicito disegno di modernizzazione dei piani di studio. Le motivazioni degli Incamminati sono piuttosto di segno tradizionalista: “Non c’è spazio per un futuro che non abbia un cuore antico”, ha detto Casini, anche se non bisogna cedere alla “tentazione nazionalistica” (si riferiva forse ad AN?).

Prima vittima degli Incamminati sarà il “Question time”, che l’on. Casini (stavolta come presidente della Camera) si è impegnato a tradurre in un’espressione italiana “come Dio comanda”, ha detto. Chissà che cosa avrebbe detto un padre della lingua italiana come Dante Alighieri, fautore dell’innovazione linguistica e grande importatore di vocaboli di altre lingue. Ma speriamo che il dibattito porti alla luce le altre, ben più solide ragioni per le quali è necessario rilanciare l’apprendimento dell’italiano nelle nostre scuole: la ricerca nazionale e internazionale ha dimostrato infatti che esiste una forte correlazione tra il governo consapevole della lingua materna (in produzione, in ricezione, in comprensione della lettura) e la qualità dell’apprendimento in generale, qualunque ne sia l’oggetto. Insomma, la quarta “i” serve anche per imparare meglio le prime tre.