Il primato italiano del minor numero di giorni di vacanza

La scuola italiana ha uno dei calendari scolastici più lunghi d’Europa. Si sapeva, ma un attento servizio del Corriere della sera nell’edizione di sabato ha condotto, in proposito, una interessante comparazione, cercando anche di evidenziare i punti forti degli altri (o, se credete, i punti deboli del nostro calendario).

Oltre a mettere in evidenza la durata dell’anno scolastico che da noi, per legge, è almeno di 200 giorni, mentre in Germania è di 188 e in Spagna di 175 (Francia e Regno Unito sono su quelle medie), il Corriere si è soffermato in particolare sui giorni di vacanza di cui godono gli studenti dei vari Paesi. I nostri studenti hanno soltanto 165 giorni di vacanza all’anno, contro i coetanei tedeschi che ne hanno due di più, o gli inglesi che ne hanno dieci di più, mentre i francesi ne hanno venti di più e gli spagnoli, addirittura, venticinque di più. Ma nei giorni di lezione gli studenti degli altri paesi si trattengono a scuola in media più dei nostri, con maggiore presenza di attività laboratoriali nel pomeriggio.

In quasi tutti i paesi europei, dopo le vacanze di Natale, c’è una consistente sospensione delle lezioni a febbraio per consentire in qualche località di montagna una buona sferzata di aria pulita sulle piste innevate.

Mentre i nostri ragazzi trascorrono quasi ininterrottamente più tempo sui banchi di scuola per poi vivere un lungo periodo di vacanze estive, negli altri Paesi, invece, sono più numerose e frequenti le sospensioni dell’attività didattica durante l’anno.

Secondo Benedetto Vertecchi, in altri Paesi dove la quantità di giorni di lezione è simile a quella di casa nostra, risulta meglio distribuita, così la memoria dei ragazzi funziona meglio, “non si rischia di dovere sempre ricominciare daccapo a settembre, avendo tenuto fermo il processo di apprendimento per così tanto tempo”.

Insomma, un maggior numero di stacchi fa bene alla mente e all’apprendimento. Una lunga e ininterrotta vacanza può far regredire.

Chissà che non sia una delle cause per cui nei livelli di competenza rilevati per Lisbona 2020 i nostri ragazzi sono quasi sempre sotto la media dell’Unione Europea.