Sono circa 13.800 le scuole paritarie dei vari ordini scolastici, di cui poco meno di 2 mila accorpate in un medesimo edificio. Ai fini dell’IMU, quindi, per circa 12 mila scuole, dopo la sentenza della Cassazione, pende la spada di Damocle del pagamento della tassa e dei possibili onerosi arretrati per gli edifici utilizzati per l’attività scolastica.

La natura del gestore di queste scuole è notevolmente diversificato. Le istituzioni con gestore religioso sono il 45,9% (molto meno, quindi, di quanto forse si pensa); altri gestori privati sono il 34,9%; i Comuni (presenti soprattutto con scuole dell’infanzia) rappresentano il 12,4%.

Inoltre sono presenti, soprattutto nel settore dell’infanzia, altri gestori con natura pubblica o privata per una percentuale di poco superiore al 5%.

Quando si parla di scuole paritarie è, comunque, opportuna una precisazione preliminare, perché c’è paritaria e paritaria, indipendentemente dalla natura dell’ente gestore.

Ci sono infatti le scuole dell’infanzia paritarie e ci sono le altre paritarie (primaria, I e II grado).

Mentre le prime svolgono, in linea di massima, un servizio sostitutivo dello Stato, le altre dei settori scolastici superiori sono, per lo più, il risultato delle scelte educative delle famiglie, soprattutto nelle grandi città.

Visto sotto questa angolatura, il dibattito provocato dalla sentenza della Cassazione per l’obbligo dell’IMU a carico delle scuole paritarie può assumere una configurazione meno ideologica, e l’esame delle soluzioni da ricercare, dopo l’allarme della CEI, può disporre di un primo elemento chiarificatore.

Vi sono anche altre scuole che non hanno chiesto o non hanno ottenuto il riconoscimento di parità, per le quali, quindi, non si può parlare di servizio pubblico com’è invece per le scuole paritarie. Si può stimare che siano circa 1.000/1.200.

Di tutto questo dovrà tener conto il Governo nell’esame della nuova situazione che si è determinata con la sentenza della Cassazione.