Il modello coreano è esportabile?

Il nostro lettore Maurizio Maglioni ci ha inviato un commento all’articolo di Orazio Niceforo, pubblicato nel numero di aprile del mensile Tuttoscuola. Lo  pubblichiamo volentieri, insieme alla replica di Niceforo, e invitiamo gli altri lettori a inviarci le loro opinioni sul tema (o su altri temi nuovi da proporre), scrivendoci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

 

Spett. Tuttoscuola,

vi scrivo per ribattere all’articolo di Orazio Niceforo del n. 521 “Il modello coreano è esportabile?”.
Nella sua rubrica l’autore sembra dare una risposta negativa. Il motivo del successo del sistema educativo coreano sarebbe, secondo Niceforo, il “contesto culturale di tradizione confuciana che ha sempre messo in cima ai valori della comunità l’istruzione ed il rispetto per gli insegnanti”.
Questa motivazione appare abbastanza bizzarra poiché il confucianesimo ha sempre avuto pochissimi seguaci in Corea del Sud.
Si tratta quindi di una svista grossolana perché tra le tante religioni presenti in Corea del sud, il confucianesimo è al settimo posto ed è praticato da appena lo 0,2% della popolazione 
Forse l’autore, prima di azzardare risposte non documentabili avrebbe potuto verificare quanto spende lo stato coreano per finanziare l’istruzione privata e quanto al contrario lo stato coreano risparmia sul welfare. Così avremmo anche trovato qualcosa di più esportabile di un Galaxy Samsung. Cordiali saluti,

Maurizio Maglioni

 

Gentile lettore,

abbiamo ricevuto la sua mail relativa sull’articolo concernente l’esportabilità del modello scolastico coreano, e nel ringraziarla comunque per averci scritto, dimostrando attenzione per la nostra rivista, vorremmo spiegare meglio il punto di vista espresso nel citato articolo, che è a firma di chi scrive. Il riferimento al “contesto culturale di tradizione confuciana” (non, quindi, alla religione confuciana, che come lei giustamente osserva è pochissimo praticata in Corea) è fondato su numerosi studi, che concordano sull’importanza delle religioni tradizionali (buddismo e confucianesimo; la religione cristiana si è radicata più tardi) nella formazione dell’etica pubblica, che è a fondamento del grande rispetto che la scuola e gli insegnanti continuano a ricevere in Corea (come in Giappone e in altre ‘tigri asiatiche’). In alcuni di questi studi si definisce questo fenomeno come “new confucian ethics”, e sull’importanza del fattore etico-religioso si insiste anche nell’International Handbook of Comparative Education, per esempio nell’articolo di Terry Kim, Confucianism, Modernities and Knowledge: China, South Korea, and Japan (Chapter 55) In Cowen, R. and Kazamias, A. (eds). The Dordrecht, Netherlands: Springer, pp. 857-872 (2009). Nello stesso senso va l’articolo di Mario A. Dutto Asian tigers: uno sguardo alle scuole della Corea del Sud e di Singapore, pubblicato nel n. 4/2012 della rivista ‘Scuola democratica’, Guerini e Associati ed., pp. 34-53.
Nell’articolo ho cercato di sostenere la tesi che anche a parità di spesa per l’istruzione (ma la Corea spende molto più di noi…) ci sarebbero comunque fattori di contesto, soprattutto di carattere culturale, che renderebbero di fatto non esportabile in Italia un modello come quello coreano. Un cordiale saluto.

O.N.