Il coraggio della verità che annulla il ‘me ne frego’ davanti al crimine

Il prof. Italo Fiorin ha commentato una vignetta pubblicata su Repubblica, in cui un uomo – colletto bianco, cravatta e cartella di pelle in mano, viso coperto da un foglio – sussurra tra sé e sé: “Mi faccio gli affari miei e me ne frego. È una vita che sono latitante”.

È di un’efficacia incredibile quella vignetta ed altrettanto efficace è il commento del prof. Fiorin che condividiamo pienamente, riportandolo di seguito.  

HANNO OCCHI E NON VEDONO, ORECCHIE E NON SENTONO, BOCCA E NON PARLANO”. Anche oggi la vignetta di Biani, su ‘Repubblica’ suggerisce tante riflessioni.

Segnala una grande emergenza, più’ grande di quella climatica, più minacciosa per la sopravvivenza dell’essere ‘umani’. Essere latitanti, indifferenti a tutto ciò che non sia ‘affari miei’, anzi, legittimare quello che può servire, di tutto il resto ‘fregarsene’.

Le cronache ci raccontano di una professoressa di Palermo che è riuscita a ‘scuotere’ (parole sue) Lorenza, la figlia di Messina Denaro, che grazie alla passione civica dell’insegnante ha rifiutato la cultura del padre.

Conosco a Palermo insegnanti così. Tanti.

Ne conosco tanti in Sicilia, dove esiste anche una bellissima rete del Service-Learning.

E in tutta Italia c’è una scuola impegnata a proporre un altro modo di stare al mondo.

Perché a questo serve la scuola: a far sì che gli occhi vedano, le orecchie ascoltino, le bocche rompano il silenzio e gridino.

Contrastare la povertà educativa significa in primo luogo contrastare la povertà del ‘me ne frego’, una povertà che spesso ha il colletto bianco e il conto in banca e fiorisce dove manca una educazione che aiuti ad aprire gli occhi”.

Il coraggio della verità ha un fascino che può entusiasmare i giovani, a condizione che gli insegnanti e tutti coloro che hanno una funzione educativa abbiano il desiderio di contagiarli, mettendo in atto coerenti azioni concrete e continue.