Genetica e risultati scolastici: una querelle antica

Il progresso della genetica e delle neuroscienze rilanciano, su nuove basi scientifiche, il dibattito tra sostenitori dell’origine in prevalenza genetica oppure socio-ambientale dell’intelligenza e del successo/insuccesso scolastico.

Secondo Kevin Beaver, ricercatore della Florida State University nel settore della biosocial criminology, il rendimento scolastico degli studenti in determinate materie può variare a seconda delle mutazioni di determinati geni che si producono nel loro Dna.

Lo studio realizzato dall’équipe diretta da Beaver, pubblicato nell’ultimo numero della rivista Intelligence, ha messo a confronto la media scolastica e i dati del Dna di un campione di 2500 adolescenti di scuole medie e superiori lungo un arco di tempo che va dal 1994 al 2008 (i dati sono ricavati dal National Longitudinal Study of Adolescent Health), giungendo alla conclusione che esiste una significativa correlazione tra geni e voti scolastici.

I geni interessati sono quelli che regolano il funzionamento della dopamina, un neurotrasmettitore che induce sensazioni di piacere e gratificazione derivanti da certi comportamenti. La correlazione tra variazioni nella condizione dei geni della dopamina ed esito degli studi è risultata molto significativa, tanto da consentire in alcuni casi di prevedere l’esito dell’esame di ammissione dello studente al college o da segnalarne l’inclinazione verso atteggiamenti antisociali, o la tendenza all’iperattività e al deficit di attenzione.

Lo studio evidenzia il fatto che a seconda della mutazione prodottasi nel suo Dna lo studente ha successo o meno in determinate materie: per esempio se è difettoso il gene DRD4 (gene del recettore D4 della dopamina), si hanno difficoltà in matematica e inglese. Invece il gene DRD2 condiziona il rendimento in inglese, storia, scienze e matematica.

Beaver tuttavia ammette che i geni da soli non bastano a spiegare la pagella: anche l’ambiente, quindi il contesto familiare e il servizio scolastico offerto, influiscono in varia misura sui risultati. La prudenza di Beaver si spiega probabilmente con l’intenzione di evitare ai genetisti l’accusa di legittimare non solo la diversità ma anche la disuguaglianza e la differenza gerarchica tra gli individui. Accuse che a suo tempo colpirono, per esempio, lo psicologo anglotedesco Hans Jurgen Eysenck, sostenitore del carattere ereditario dell’intelligenza. Una disputa antica…