
Francesco Amato: ‘Sogno una scuola che rimetta al centro la fiducia’. L’intervista

Di Sara Morandi
Francesco Amato, regista e sceneggiatore, inizialmente sognava di diventare fotografo e solo successivamente ha scoperto l’interesse per la scrittura e per la regia. Fra i suoi successi ha diretto la fiction campione di ascolti: “Imma Tataranni – sostituto procuratore” che sta riscuotendo, anche per questa quarta stagione, tanti consensi. Il regista, in questa intervista, ha sottolineato l’importanza dello studio approfondito dei personaggi, che inizia con il casting e si sviluppa attraverso un lavoro collaborativo con gli attori. Amato sogna per il futuro dei giovani, una scuola che ispiri fiducia nelle istituzioni e che offra un ambiente di apprendimento immerso nella natura. Ritiene essenziale preparare gli studenti alle sfide future, insegnando loro a distinguere tra ciò che può essere automatizzato e ciò che richiede l’intervento umano, preparandoli per un futuro incerto ma ricco di nuove opportunità.
Francesco Amato, benvenuto su Tuttoscuola. Dalla Sua esperienza iniziale al Dams di Bologna, come pensa che la Sua formazione universitaria abbia influenzato il Suo approccio alla regia e alla narrazione cinematografica?
“La mia è una storia un po’ particolare perché inizialmente non volevo fare il regista ma il fotografo. Questa ambizione ha guidato le mie scelte universitarie. Ho frequentato il DAMS di Bologna perché mi interessava l’aspetto visivo, la storia del cinema, ma soprattutto il rapporto con la fotografia. A Bologna c’erano dei corsi molto belli, uno in particolare sulla storia della fotografia che mi interessava particolarmente. Durante il mio periodo a Bologna, la mia vita ha preso una certa direzione. Facevo il fotografo di scena sui cortometraggi di amici che volevano diventare registi. Alla fine degli anni ’90, frequentando i set e conoscendo attori e tecnici, mi è venuta voglia di scrivere e questo ha cambiato un po’ la mia vita. Ho iniziato a scrivere e realizzare documentari. La scuola è stata molto importante per me sia a livello accademico che teorico. Sono entrato al Centro Sperimentale di Roma nel 2003 e mi sono diplomato nel 2006. Gli incontri che ho fatto lì, l’umanità che ho conosciuto, e i colleghi con cui mi confronto ancora oggi, come Francesco Stabile e Vito Palmieri, sono stati fondamentali; anche se non lavoriamo sempre insieme, rimaniamo in contatto. In conclusione, il mio sogno era fare il fotografo (in generale), ma poi, attraverso le esperienze e le persone che ho incontrato, ho iniziato a scrivere e dirigere. Questo percorso mi ha portato ad esplorare la regia, trasformando la mia passione in una carriera”.
Insieme a Lucio Pellegrini, ha diretto la serie tv “I liceali 2” in onda nel 2009, in cui avete saputo catturare l’attenzione del pubblico grazie a personaggi e trame avvincenti che riflettevano sfide ed esperienze vissute dagli studenti del Liceo Colonna di Roma. Se fosse stato in cattedra che professore sarebbe stato? Come si descriverebbe come docente?
“L’esperienza televisiva mi ha fatto scoprire Roma e attualmente mia figlia frequenta il liceo Terenzio Mamiani, la stessa scuola dove abbiamo girato la serie. Affiancare Lucio è stato magnifico perché è un super regista, un grande maestro da cui si può apprendere quotidianamente sotto qualsiasi punto di vista. Lavorare con i giovani attori è stato formativo. Essere un regista significa imparare a comunicare emozioni, e lavorare con i ragazzi insegna molto anche a noi. Al Centro Sperimentale di Roma, ho rivestito il ruolo di tutor che guidava gli studenti nelle esercitazioni pratiche, ovvero per registrare le loro pellicole; inoltre ho insegnato anche presso la scuola Holden di Torino, ho tenuto diversi workshop, ecc… Queste esperienze sono state gratificanti e mi hanno permesso di riflettere sul mio lavoro e su come comunicarlo agli altri. L’insegnamento, specialmente in un contesto artistico, è un modo per chiarirsi le idee e per essere generosi con i ragazzi, che percepiscono e apprezzano questa generosità”.
Un altro successo recente, “Imma Tataranni – sostituto procuratore”, quanto tempo avete dedicato allo studio dei personaggi di questa nota fiction? Ci sarà una prossima stagione?
“Tutti noi: attori, sceneggiatori e produttori saremmo entusiasti di proseguire, poiché queste storie continuano ad appassionare il pubblico. Non è comune che una serie alla quarta stagione riceva ancora tanto consenso, quindi l’intenzione di andare avanti c’è. La risposta del pubblico è sempre positiva, dimostrando pazienza nei nostri confronti, soprattutto quando lasciamo le storie aperte e il pubblico esprime il desiderio di sapere cosa accadrà dopo. Anche se non c’è ancora nulla di ufficiale, speriamo di poter continuare. È importante per noi il riscontro degli ascolti; abbiamo un indice di share medio del 24%, che è tra i più alti della RAI per quanto riguarda la fiction. È un motivo di orgoglio sapere che il 30% dei laureati guarda le nostre storie: la nostra speranza è di ispirare anche le nuove generazioni. Il processo di studio dei personaggi inizia con il casting. Arrivo al casting con dei testi pronti e, una volta scelto l’attore, il personaggio prende forma. Il casting è un momento cruciale: faccio pochi provini (3 o al massimo 4), ma stabilisco un rapporto forte con gli attori. Questo mi permette di fornire indicazioni precise su come lavoreremo insieme e su chi sarà il personaggio. Anche se il cinema e la televisione differiscono, entrambe richiedono un’attenzione particolare alla costruzione del personaggio, che avviene sia attraverso la lettura dei testi sia durante le riprese. Studiare un personaggio significa condividere ogni aspetto con gli attori, dai movimenti quotidiani a come si relazionano con gli altri. Prendendo come esempio la serie “Imma Tataranni”, il personaggio è stato costruito con attenzione a tutti i dettagli, dal suo modo di camminare a come si emoziona o interagisce con gli altri. Anche se Imma non cammina come l’attrice Vanessa Scalera, il suo modo di muoversi e di esprimere le emozioni ruba la scena. Questo dimostra quanto sia importante lo studio approfondito del personaggio per creare una rappresentazione autentica e coinvolgente”.
Che scuola sogna per il futuro dei giovani?
“Vorrei una scuola in cui si possa avere fiducia nelle istituzioni, una scuola dove la fiducia torni ad essere centrale. Credo che sia importante sentirsi sicuri e supportati dal sistema educativo. Inoltre, desidererei una scuola immersa nella natura, simile a quella che ho scelto per i miei figli, la Giacomo Leopardi a Roma, situata in una pineta a Monte Mario. È meraviglioso poter uscire dalla classe e trovarsi immersi nel verde, sfruttando spazi naturali per l’apprendimento. È fondamentale che la scuola sappia affrontare le sfide del futuro. Ora ci sono guerre, la pandemia ha avuto un impatto drammatico, e la chiusura delle scuole ha segnato un evento straordinariamente grave. La scuola deve preparare i ragazzi a queste sfide, aiutandoli a capire quali mestieri esisteranno in futuro e quali potrebbero scomparire. Ad esempio, il mestiere del traduttore potrebbe diventare raro, mentre altri lavori come il medico o lo sceneggiatore potrebbero essere sostituiti dalle macchine. Anche nel mio campo, come il doppiaggio, si iniziano a vedere cambiamenti significativi. È essenziale che la scuola aiuti i ragazzi a distinguere tra ciò che può essere automatizzato e ciò che richiede ancora l’intervento umano, indirizzandoli verso un futuro che, sebbene incerto, possa offrire nuove opportunità”.
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