ENAM soppresso. Doppia beffa per i maestri?

Il maxiemendamento sulla manovra finanziaria approvato dal Senato prevede, dunque, al comma 3-bis dell’articolo 7, la soppressione l’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM).

Si tratta di un esproprio vero e proprio, visto che l’Ente vive esclusivamente dei contributi dei maestri di scuola primaria e dell’infanzia, senza avere mai ricevuto un centesimo dallo Stato.

Ma, dietro questa beffa inattesa, per gli insegnanti ce ne potrebbe essere un’altra, molto sgradita, se venisse confermata una certa interpretazione della nuova norma.

Il comma 3-bis dell’art. 7 dispone che l’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), istituito in base al DLPCS 21 ottobre 1947, n. 1346, come modificato dalla legge 7 marzo 1957, n. 93, è soppresso. Come si vede, non si parla di abrogazione della norma istitutiva, bensì soltanto di soppressione dell’Enam.  

Se resta il dispositivo legislativo che oltre sessanta anni fa ha dato vita all’Enam, resta anche l’obbligo dei maestri di versare il contributo mensile dello 0,80% del proprio stipendio.

L’ultima parte del comma 3-bis prevede che le relative funzioni sono attribuite all’INPDAP che succede in tutti i rapporti attivi e passivi.

Il subentro del’INPDAP nei rapporti attivi (contributi dei maestri?) e passivi (prestazioni?) avvalora l’interpretazione che scompaia l’Enam ma restino inalterati gli strumenti (contributi) che lo avevano fatto vivere.

Se così fosse, sarebbe una doccia fredda per i maestri che, a differenza di quanto previsto in un primo momento, dovrebbero continuare a pagare, non si sa per quale ragione, una “tassa” di cui, nella nuova gestione che si prospetta, difficilmente trarrebbero vantaggi con prestazioni riservate soltanto a loro.