Elezioni 2008. Per la scuola serve una strategia condivisa

L’esito delle elezioni favorisce la formazione di un governo di legislatura da parte dello schieramento uscito vincitore, il PDL, ed esclude governi di “larghe intese”, più o meno ispirati al modello tedesco. Ma è opinione diffusa, e da tempo sostenuta da Tuttoscuola, che i problemi di fondo della scuola italiana siano talmente gravi da non poter essere affrontati in un’ottica partisan, cioè ad opera di una maggioranza di governo (qualunque essa sia, di centro-destra o di centro-sinistra) che agisca in modo chiuso, autoreferenziale e in contrasto aprioristico con l’opposizione, a prescindere dal merito dei problemi e delle decisioni da prendere.

L’esperienza della seconda Repubblica, a partire dal 1994, ha infatti messo in evidenza due punti critici: il primo è che le contraddizioni interne alle due coalizioni, in teoria autosufficienti, chiamate di volta in volta a governare hanno indebolito e reso incoerente l’azione di governo, il secondo è che la ricerca preconcetta dello scontro da parte delle opposizioni pro tempore non ne ha affatto facilitato il compito quando esse sono diventate maggioranza.

Queste considerazioni valgono anche nel nuovo contesto scaturito dalle elezioni del 13-14 aprile 2008, che hanno significativamente  ridotto l’eterogeneità delle coalizioni attraverso il doppio taglio delle ali e hanno contestualmente prodotto una certa convergenza dei due partiti-contenitore, come li chiama De Rita, su posizioni di riformismo moderato: una convergenza che dovrebbe comportare il definitivo superamento della reciproca delegittimazione e la ricerca di politiche condivise.

In questo quadro il civile confronto pubblico, promosso il 1° aprile 2008 da Tuttoscuola, tra l’uscente viceministro dell’istruzione Mariangela Bastico (PD) e l’ex sottosegretario Valentina Aprea (PDL), che ricoprì un ruolo di fatto analogo con il ministro Moratti, ha dimostrato che esiste un’ampia area di possibili convergenze. Punto di partenza è l’impegno a riportare gradualmente l’incidenza della spesa per l’istruzione – anche e soprattutto in presenza di un’auspicata riduzione della spesa pubblica totale – ai livelli ai quali si attestava nel 1990 (10,3% sulla spesa pubblica totale, contro l’8,8 del 2006). E contestualmente una lotta decisa alle inefficienze del sistema. In questo modo si avrebbero le risorse necessarie per migliorare le condizioni economiche di base del personale, investire in formazione iniziale e continua, in particolare degli insegnanti, e avviare quella strategia di valorizzazione selettiva e meritocratica della professionalità docente indispensabile per una politica di sviluppo della qualità della nostra scuola.