
Educazione sessuale, ora fuori anche dalle medie. Novara: ‘Si lascia spazio ai modelli tossici del web’

Il 15 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato una serie di emendamenti al disegno di legge “Disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico”, noto come Ddl Valditara o Ddl Sasso. Tra questi, quello a prima firma di Giorgia Latini (Lega), che estende il divieto di trattare temi legati alla sessualità anche nella scuola secondaria di primo grado, dopo che la misura originaria riguardava soltanto infanzia e primaria. Il provvedimento prevede inoltre che, per la scuola secondaria di secondo grado, le famiglie debbano essere informate e dare consenso scritto qualora l’istituto intenda organizzare attività o corsi di educazione sessuale, anche in collaborazione con enti o associazioni esterne. L’obiettivo dichiarato è quello di coinvolgere i genitori in scelte considerate “sensibili” dal punto di vista educativo.
Le reazioni: “Un passo indietro nella tutela dei ragazzi”
L’approvazione dell’emendamento ha suscitato un’ondata di critiche da parte dell’opposizione e del mondo educativo.
I componenti del Partito Democratico nella Commissione Istruzione della Camera — Mauro Berruto, Sara Ferrari, Giovanna Iacono, Irene Manzi e Matteo Orfini — hanno parlato di “atto gravissimo” verso le giovani generazioni: “Se si introduce il divieto di fornire queste informazioni, spesso gestite dalle aziende sanitarie, senza prevedere alternative formative, si priva i ragazzi del diritto a ricevere educazione da professionisti della sanità pubblica, lasciandoli in balia dei social e della rete”.
Sulla stessa linea Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi e Sinistra), che ha definito il provvedimento “ispirato al fondamentalismo religioso”, denunciando il rischio di “negare ai docenti la possibilità di realizzare attività progettuali sull’educazione sessuale e sulla conoscenza del proprio corpo”.
Novara: “Così si fa il gioco della pornografia online”
Durissimo anche il commento del pedagogista Daniele Novara, direttore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (CPP): “Ritengo inammissibili questi inceppamenti istituzionali su un tema che in tutta Europa è regolato da anni. Pensare che l’educazione sessuale porti automaticamente verso temi LGBTQ+ è un pregiudizio grottesco e culturalmente arretrato”.
Per Novara, il rischio è duplice: da un lato abbandonare i ragazzi all’educazione informale del web, dall’altro perpetuare modelli sessuali distorti. “I siti pornografici — sottolinea — gongolano: il loro business è ormai orientato ai più giovani, che finiscono per assorbire rappresentazioni misogine e violente del corpo femminile. È un pericolo educativo e sociale che non possiamo ignorare”.
La scuola come spazio educativo neutro
Secondo il pedagogista, la scuola rimane il luogo più adatto per affrontare questi temi con equilibrio e competenza: “I genitori, pur con le migliori intenzioni, sono spesso troppo coinvolti emotivamente. La scuola, invece, offre la distanza educativa necessaria per parlare di affettività e sessualità senza giudizio e senza tabù”.
Un’educazione sessuale scolastica — conclude Novara — non è una concessione ideologica, ma una componente essenziale della formazione civica e relazionale: “La scuola è lo spazio dove si impara a vivere con gli altri. E alla base del vivere insieme ci sono proprio le relazioni affettive e sessuali”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via