Education by humiliation: una ricetta made in USA

Nessun paragone è possibile tra la realtà della scuola pubblica americana, decentrata e finanziata con risorse locali, e quella della scuola statale italiana, che malgrado qualche timido progresso sulla strada di una maggiore autonomia delle istituzioni scolastiche resta un sistema centralistico sia dal punto di vista degli ordinamenti sia da quello del finanziamento nonché dello status giuridico ed economico-contrattuale del personale, a partire da quello docente.

Però il problema di come migliorare la qualità dei risultati ottenuti dagli studenti operando sulla leva di insegnanti più preparati e motivati, e premiando quelli ritenuti didatticamente più efficaci, è all’ordine del giorno in entrambi i sistemi.

Così si coglie qualche assonanza tra la decisione del sindaco di New York Bloomberg di assegnare un premio di ventimila dollari agli insegnanti che per due anni consecutivi raggiungono risultati ritenuti soddisfacenti (valutati attraverso le performance dei loro studenti) e la logica del progetto italiano “Valorizza”, di premiare con una mensilità aggiuntiva – da raddoppiare in futuro – i docenti ritenuti migliori dai loro stessi colleghi, e con 70.000 euro le scuole che complessivamente risultano più efficaci anche alla luce dei test Invalsi (somma che dovrebbe poi riversarsi almeno in parte nelle tasche degli insegnanti ritenuti più meritevoli).

La differenza tra le due situazioni, una differenza sostanziale, sta nel fatto che la ricetta americana prevede non soltanto premi ma anche punizioni, cioè il licenziamento dei docenti che si dimostrano meno capaci di far ottenere ai loro studenti risultati ritenuti accettabili. Una ricetta che i sindacati degli insegnanti di New York hanno bollato come “Education by humiliation”, un sistema educativo basato sull’umiliazioni dei docenti.