Education at a Glance/2. Italia: il 3+2 ha prodotto una ‘bolla formativa’?

L’edizione n. 12 del rapporto dell’Ocse Education at a Glance dedica particolare attenzione alla condizione degli studenti universitari.

L’Italia continua ad avere una bassa percentuale di laureati, una delle più basse dell’area Ocse: solo il 15% della popolazione tra i 25 e i 64 anni contro una media Ocse del 31 per cento. Ma a questo basso numero di laureati non fa riscontro un elevato numero di occupati perché la disoccupazione è aumentata significativamente proprio tra i laureati, più che tra i diplomati.

Il dato contenuto nel rapporto Ocse, riferito al 2010, non sorprende. Già Almalaurea, nel suo XIII rapporto, aveva registrato l’aumento della disoccupazione fra i laureati triennali (dal 15 al 16%), tra gli specialistici biennali (dal 16 al 18%) e fra i laureati nei settori forti come ingegneria (dal 14 al 16,5%).  

Non solo: anche la retribuzione dei laureati è bassa, perché in Italia i laureati tra i 25 e i 34 anni che riescono a trovare un posto di lavoro guadagnano soltanto il 9% in più dei diplomati, contro il 37% della media Ocse.

I laureati italiani, insomma, rispetto a quelli della media dei Paesi Ocse, sono pochi e mal pagati. E questo contribuisce a spiegare il calo delle iscrizioni all’università (quantificato da Almalaurea in 43.000 all’anno a partire dal picco registrato agli inizi degli anni duemila, dopo l’entrata in vigore della riforma Berlinguer-Zecchino degli ordinamenti universitari, il cosiddetto 3+2) nonché l’aumento della percentuale dei Neet (dal 21 al 23%), i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né studiano (Not in Employement, Education and Training).

Il 3+2 insomma sembra essersi tradotto, in Italia, in una bolla formativa che ora si sta progressivamente sgonfiando: non è servito né ad aumentare in modo adeguato il numero dei laureati, né a migliorare la loro situazione nel mercato del lavoro (livelli occupazionali e retributivi).  Dopo la riforma Gelmini, volta a deflazionare l’offerta di corsi e di posti, si impone una riflessione di carattere più complessivo sul ruolo e sul destino dell’istruzione superiore in Italia.