Educare alla cittadinanza, quali sfide per la scuola
Lunedì 25 settembre, Convegno alla Camera con la Ministra Fedeli
La cittadinanza non è solo un concetto giuridico politico, ma uno status e ancor di più un progetto. Educare a diventare cittadini è un obiettivo, un compito attribuito alla scuola come agenzia che prende a carico bambini e ragazzi e li introduce nella vita civile.
Un tale compito è particolarmente difficile in una società di individui dove il legame sociale è sempre più debole, una società eterogenea, che ha paura del “nemico”, che spesso non ispira speranza ai più giovani.
Non sorprende quindi che l’educazione civica nelle scuole europee sia non da oggi in crisi, caricata di domande dalla società, anche se la sua importanza viene sempre più ribadita (secondo il documento Learning live together del Consiglio d’Europa del 2017, l’80% dei governi intervistati afferma di dover dare una maggiore rilevanza all’educazione alla cittadinanza; allo stesso tempo, il 66% nota incoerenze tra le politiche educative e la loro implementazione, contro il 20% del 2012).
Il fatto è che l’educazione civica è una sorta di “non disciplina”, una forma di educazione che contiene aspetti affettivi e di valore, di conoscenza delle regole e di responsabilità.
Da un lato si tratta di un’educazione che ha bisogno di spirito critico e capacità di discernere le informazioni, specie in tempi di fake news. Dall’altro si tratta di una “passione civile”, poiché non basta la pura conoscenza delle regole per costruire rispetto verso gli altri.
La vita insieme ha bisogno di passione civile, mentre abitualmente riserviamo le emozioni alla vita privata, all’agonismo o contro qualcuno. Come creare emozioni e passioni per la libertà, la giustizia, il rispetto, la pace? Martha Nussbaum nel suo libro “Emozioni politiche” parla di come esse possano ispirare una cultura pubblica. Un paese ha bisogno non solo di competenze tecniche, ma di senso di appartenenza, di rispetto, di capacità di progettare il futuro.
Abbiamo molte sfide dunque per la scuola italiana:
– creare un’educazione alla cittadinanza più organica mettendo a sistema le tante azioni educative che la scuola svolge (alla salute, contro le dipendenze, per l’intercultura, contro il bullismo, educazione stradale, e così via), realizzando una maggiore coerenza tra le politiche educative;
– unire gli aspetti razionali e cognitivi a quelli emotivi e affettivi;
– valutare le competenze civiche. Sempre secondo i dati del Consiglio d’Europa, in due terzi dei paesi non sono stati elaborati criteri per valutare l’efficacia dei programmi nel settore dell’educazione alla cittadinanza democratica.
Un contributo interessante viene dal Quadro concettuale del COE “Competenze per una cultura della democrazia. Vivere insieme in condizioni di parità in società democratiche e culturalmente diverse” (2016) sulla cultura della democrazia: non basta la conoscenza delle leggi e delle istituzioni se non considerano allo stesso tempo anche i valori, gli atteggiamenti e le pratiche che concretizzano i principi e le norme. Inoltre, questa educazione è collocata in società culturalmente diverse. Potremmo dire che dobbiamo fare “l’educazione civica al tempo del terrorismo” così come l’educazione civica della legge Casati doveva “fare gli italiani” e quella del dopoguerra doveva educare alla democrazia dopo il fascismo, perché l’educazione alla cittadinanza è sempre riflesso del periodo storico in cui viene sviluppata. Il documento verrà presentato e discusso il 25 settembre alla Camera dei Deputati (Ore 16, Sala Aldo Moro) in un convegno alla presenza della Ministra Valeria Fedeli e della Vice segretaria generale del Consiglio d’Europa Gabriella Battaini Dragoni.
Milena Santerini
Coordinatrice Alleanza parlamentare ‘NO Hate’ del Consiglio d’Europa
Capogruppo ‘De.S – Cd’ in VII Commissione Cultura e Istruzione – Camera dei deputati
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