E la nuova istruzione tecnica e professionale che futuro avrà?

Dopo che ad aprile la legge Bersani 40/2007 aveva rilanciato l’istruzione tecnica e professionale, avviata da anni ad un lento declino, dando vita al dibattito e alla ricerca per una sfida difficile e necessaria, a metà dicembre è stata insediata la commissione di studio (una quarantina di studiosi, esperti e dirigenti scolastici) per elaborare gli elementi guida su cui costruire i previsti regolamenti di attuazione.
Nel frattempo, a settembre, è stata avviata la prima applicazione delle misure di riduzione dell’orario nell’istruzione professionale (solo per le prime classi, con l’anno prossimo toccherà alle seconde), quasi un preambolo della riforma degli istituti.
Dal lavoro della commissione, presieduta dal prof. Alberto Felice De Toni dell’Università di Udine, ci si attendeva la delineazione della fisionomia di questo settore. La sua composizione era stata considerata equilibrata nelle sue componenti, qualificata per livelli di competenza scientifica e tecnica, rappresentativa dei soggetti istituzionali coinvolti.
Le premesse per un buon lavoro, dunque, c’erano tutte, ma a questo punto la crisi politica pone, anche in questo caso, un grosso punto interrogativo su come e da chi potrà essere utilizzato il lavoro della commissione.
Tanto più che la legge prevede che la costituzione dei nuovi istituti tecnici e professionali avvenga mediante regolamenti che – in questa fase – un governo limitato ai soli poteri di gestione degli affari correnti non potrà emanare.