Dopo le elezioni europee. Governo più forte, ministro più debole

Lo straordinario successo conseguito dalle liste del Pd nelle elezioni europee del 25 maggio, da nessuno previsto nelle sue dimensioni, ha avuto per quanto riguarda la scuola il paradossale effetto di rafforzare il governo, di cui fa parte il ministro dell’istruzione, nel suo insieme, e nello stesso tempo di indebolire il peso politico dello stesso ministro, sceso in campo alla guida del partito di cui era segretario, quasi azzerato dagli elettori che gli hanno assegnato solo lo 0,7%.

L’esito del voto non avrà, almeno per il momento, conseguenze sull’assetto del governo, ma è verosimile che la voce di Stefania Giannini nel Consiglio dei ministri suonerà meno autorevole di quanto lo sarebbe stata se avesse avuto un buon risultato elettorale.

Il fatto è che Giannini ha affermato, fin dall’inizio del suo incarico ministeriale, di concepire e voler esercitare il suo ruolo in termini politici, e non tecnici, mettendosi così in competizione con gli altri soggetti politici che formano la maggioranza parlamentare che sostiene il governo Renzi. Ma alla prova del voto il consenso raccolto è stato così modesto (forse anche per il totale disimpegno di Mario Monti) da determinare un potenziale contraccolpo anche sul ruolo politico del ministro, cioè sulla sua capacità di influire sulle decisioni strategiche che riguardano il settore di cui è responsabile: budget del Miur, allocazione della spesa, scelte prioritarie di politica scolastica e sindacale.