Dopo il Decreto legge 112/1. Il binomio Istruzione & Economia

Un segnale del più stretto rapporto tra politica scolastica e politica economica era già intervenuto, nella scorsa legislatura, con la pubblicazione del Quaderno bianco sulla scuola, recante la firma congiunta dei due ministri, Beppe Fioroni e Tommaso Padoa Schioppa, e redatto in stretta collaborazione tra i massimi vertici delle rispettive amministrazioni, tra i quali figuravano il capo dipartimento per l’istruzione Giuseppe Cosentino e quello del MEF Fabrizio Barca.

Anche la nomina alla guida dell’INVALSI (Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema di Istruzione e Formazione) di un economista come Piero Cipollone, proveniente dall’ufficio studi della Banca d’Italia, va inserita in questo quadro interpretativo.

Il decreto legge n. 112 si pone, in materia di spesa per l’istruzione, nella stessa linea di tendenza, con un (rilevante) sovrappiù, derivante dall’ampia maggioranza di cui dispone l’attuale governo, che lo dovrebbe mettere al riparo (il condizionale è sempre d’obbligo) da imboscate nelle aule parlamentari, e dal fatto che il provvedimento, con il suo carico di sacrifici e di impopolarità, viene assunto all’inizio della legislatura, lontano da scadenze elettorali.

Dal punto di vista del MEF, impegnato sul fronte della riduzione della spesa pubblica, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’Unione Europea, la dimensione stessa della spesa per l’istruzione ne fa un punto di riferimento obbligato per qualunque strategia di restrizione/razionalizzazione della spesa globale. Dal punto di vista del ministero dell’Istruzione si pone prima di tutto il problema della qualità dei processi formativi e dei risultati conseguiti dagli studenti ai vari livelli, alla luce delle  carenze e degli squilibri territoriali e settoriali evidenziati dalle indagini nazionali e internazionali.

Il punto di convergenza delle due ottiche, come è ormai chiaro da tempo, a prescindere dal colore dei governi pro tempore, sta nel miglioramento della qualità della spesa: cioè, nel linguaggio degli economisti, del rapporto costi-benefici, e in quello degli “scolastici”, del rapporto tra investimenti in risorse umane e livello di qualità ed equità dei risultati scolastici. Ma la “dominante”, in questa fase, è quella economica: l’equazione prevede quindi che la spesa scenda e la qualità salga. Bisogna trovare la soluzione…