Docenti italiani tra precariato, stipendi bassi e scarse prospettive di carriera. E gli studenti sognano di valutarli

Da cardine del sistema educativo a categoria sottovalutata e costantemente sotto esame. Nel giro di qualche decennio lo status dei docenti italiani, specie di quelli della scuola dell’obbligo, è molto cambiato; in peggio. Sono almeno due gli indicatori che certificano il loro periodo complicato. Uno più istituzionale, ovvero la recentissima nuova edizione del Rapporto OCSE “Education at a Glance”. L’altro basato più sul tipo di impatto che oggi i prof hanno sul loro “pubblico” di riferimento, ossia gli studenti. E a proposito di studenti: da un sondaggio di Skuola.net e Associazione nazionale presidi è emerso che i ragazzi vorrebbero valutare i loro insegnanti.

Partendo da un punto d’osservazione più ufficiale, si conferma quanto si sente dire di frequente: i nostri insegnanti sono pagati poco, sicuramente meno dei colleghi di tante altre nazioni. Secondo il Rapporto OCSE 2022, infatti, se nel complesso dei 38 Stati oggetto dell’analisi in media i salari reali annui dei docenti (del settore pubblico) variano dai circa 42mila dollari previsti per il livello pre-primario ai quasi 54mila dollari per il livello secondario superiore, in Italia la forchetta si apre molto più in basso, attestandosi sui 40mila dollari medi per il livello pre-primario, e si ferma a meno di 46mila dollari una volta giunti all’apice del livello secondario superiore.

Così come la crescita di questi stipendi, da noi, è nettamente più lenta rispetto a buona parte dell’area OCSE. Prendendo ad esempio gli insegnanti del livello secondario inferiore (impegnati programmi a indirizzo generale) con 15 anni di esperienza e con le qualifiche più diffuse, tra il 2015 e il 2021 in generale hanno avuto un aumento della retribuzione del 6%. In Italia, l’aumento del medesimo stipendio è stato solo dell’1%. E se ciò non bastasse, a chiudere il cerchio c’è la constatazione che nel nostro Paese i docenti, soffermandoci sempre sulla scuola secondaria inferiore, guadagnano il 27,4% in meno rispetto agli altri lavoratori con un livello di istruzione terziaria (ormai necessaria per accedere ai vari livelli d’insegnamento).

Inoltre, non tutti i docenti sono così “fortunati” da accedere a un contratto di lavoro stabile: secondo una stima fatta dalla Fondazione Agnelli, nell’ultimo anno scolastico aveva un incarico a tempo determinato circa il 24% degli oltre 900.000 docenti complessivamente impiegati nelle nostre scuole statali. Peraltro, si tratta soprattutto di insegnanti destinati al sostegno, il che crea ulteriori disagi agli studenti più fragili, che di tutto avrebbero bisogno tranne che cambiare il proprio punto di riferimento ogni anno.  

A proposito di studenti, oggigiorno i professori ricevono pressioni anche dal basso. Da parte dei loro alunni. Un recente sondaggio condotto dal portale Skuola.net assieme all’Associazione Nazionale Presidi di Roma e del Lazio – su un campione di 5.650 ragazze e ragazzi di scuole medie e superiori – evidenzia come la stragrande maggioranza degli studenti (ben 8 su 10) gradirebbe che periodicamente ci fosse un riscontro sull’operato dei singoli docenti. Una sorta di “pagella degli insegnanti”.

A stilarla, però, non vogliono essere solo loro. È vero che, secondo il 59% dei giovani favorevoli alla valutazione per i docenti, la relazione dovrebbe essere redatta esclusivamente dagli studenti. Ma, per dargli ancor più peso specifico, tutti gli altri chiederebbero supporto a occhi più esperti: il 19% si farebbe affiancare dai genitori, il 15% affiderebbe il compito a degli ispettori del Ministero dell’Istruzione, il 3% chiamerebbe in ballo insegnanti di altre scuole o istituti di ricerca specializzati.

Quali gli elementi più urgenti da valutare? Le parole chiave potrebbero essere: preparazione, empatia, aggiornamento. Infatti, al primo posto – indicati da circa 8 alunni su 10 – dovrebbero rientrare nella “pagella” sia un giudizio sulla capacità di “motivare e valorizzare” i ragazzi sia uno sulla capacità di “comunicazione e coinvolgimento”. A seguire, emerge la necessità di rilevare la “competenza nella materia insegnata” e il livello di “ascolto e attenzione” verso gli studenti (tra le priorità per 7 intervistati su 10). Molto sentita, però, anche la valutazione del grado di “imparzialità” nell’assegnazione dei voti (messa nella lista dal 57%) e quella sulla “originalità e apertura alle novità” (menzionata dal 51%).

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