Dirigenti scolastici: conta di più il sostantivo o l’aggettivo?

Dirigenti sì, ma “scolastici”. E quindi atipici, diversi dagli altri dirigenti. Il quartetto CGIL-CISL-UIL-SNALS marcia compatto contro la decisione del Ministero di estendere ai dirigenti scolastici di nuova nomina, e a quelli ai quali scadrà il contratto individuale, le disposizioni contenute nella legge 15.7.2002 n. 145 in materia di riordino della dirigenza statale, che aveva tra le sue finalità anche quella di “favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato”.

Per questo i quattro sindacati hanno inviato a fine luglio una lettera al Ministro, che si conclude con la singolare richiesta di un suo “cortese intervento di sensibilizzazione presso il MIUR” affinché corregga la C.M. n. 49 del 16 maggio 2003.

L’oggetto del contendere sta in un’espressione, contenuta nella C.M. 49, che implica l’estensione ai dirigenti scolastici della normativa riguardante tutti gli altri dirigenti dello Stato, per i quali il conferimento dell’incarico (attenzione: non l’oggetto del rapporto di lavoro, che è regolato dal contratto) ha “connotazione provvedimentale, ponendosi come determinazione conclusiva di un apposito provvedimento amministrativo”. La questione sembra di lana caprina, ma secondo i sindacati non lo è, perché fa diventare unilaterale un atto che a loro parere deve essere contrattuale/bilaterale. Ma al Ministero insistono: i dirigenti scolastici sono prima di tutto dirigenti, e quindi le norme generali si applicano anche a loro. A partire da quella che riguarda la durata dell’incarico (non più di cinque anni), per finire con la delicata questione della valutazione dei risultati, che non può che competere all’autorità amministrativa che ha emanato il provvedimento, che, nel caso dei dirigenti scolastici, è l’Ufficio Scolastico Regionale.