Diplomifici: il piano ispettivo privo di efficaci strumenti di controllo. Cosa fare?

Nel corso della trasmissione di “Mi manda Rai Tre”, andata in onda domenica mattina, a seguito soprattutto dell’esistenza di diplomifici documentata con precisione dai dossier di Tuttoscuola dei mesi scorsi, sono emerse notizie e considerazioni relative, tra l’altro, alle non presenze di alunni negli istituti paritari chiacchierati: immagini di aule vuote, pubblicità che garantiscono poche presenze a scuola.

In studio è stato rimarcato la difficile azione di controllo da parte degli ispettori ministeriali, il cui organico (tuttora in attesa di un concorso per reclutare 145 nuovi dirigenti tecnici) è di dimensioni ridottissime rispetto ai compiti richiesti e impari nel confronto con gli organici di altri Paesi europei.

L’ex-ministro Lucia Azzolina, collegata in video, e la segretaria della FLC Cgil, Gianna Fracassi, presente in studio, hanno parlato della necessità di attivare il registro elettronico per controllare le presenze degli studenti a scuola.

Ricordiamo che la frequenza alle lezioni per almeno tre quarti dell’orario annuale è requisito obbligatorio per essere ammessi all’esame per tutti gli studenti degli istituti statali che paritari.

È verosimile, pertanto, che negli istituti paritari chiacchierati quasi tutti gli studenti del quinto anno spesso siano privi di questo requisito fondamentale.

Com’è possibile avere la certezza di questa grave situazione senza il registro elettronico?

In effetti, quand’anche gli ispettori trovassero aule vuote (come più volte successo in passato), come potrebbero mettere a verbale che gli studenti non frequentano quasi mai le lezioni se il registro cartaceo riporta il contrario?

Alterare un registro cartaceo è un gioco da bambini, quello elettronico no.

Eppure, il registro elettronico che una legge (comma 27, articolo 7, legge 135/2012) ha previsto da tempo obbligatoriamente per tutte le scuole, statali e paritarie, in questi termini: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca predispone entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie”.

Ma quel Piano, atteso da oltre dieci anni, non è mai stato emanato.

Nel frattempo, la sentenza n. 47241 della Cassazione ha affermato la non obbligatorietà del registro elettronico, in quanto il Mim non ha disposto il piano per la dematerializzazione.

L’impiego del registro elettronico è, dunque, possibile soltanto se il collegio dei docenti ne delibera l’utilizzo; utilizzo che, tuttavia, è avvenuto ormai per quasi tutte le istituzioni scolastiche statali, convinte all’acquisto da parte delle aziende produttrici.

Fino a quando il registro elettronico non diventerà obbligatorio a tutti gli effetti, difficilmente gli istituti paritari opachi lo adotteranno, perché ne andrebbe della loro sopravvivenza.

Considerato che quel piano di dematerializzazione non è stato adottato in oltre dieci anni e forse potrebbe richiedere ancora altri anni (o non essere mai definito), c’è soltanto una soluzione da adottare: prevederne per legge (basterebbe un semplice emendamento ad una norma in discussione) l’obbligo per tutte le scuole statali e paritarie.

Altrimenti sarà come mandare gli ispettori alla guerra contro i diplomifici senza armi.

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