
Dibattito sulla parte prima della Costituzione: pro e contro

Dibattito sulla parte prima della Costituzione/1
Angelo Panebianco, autorevole politologo ed editorialista del Corriere della Sera, ha lanciato sul quotidiano milanese (21 luglio 2017) una proposta che deve essere apparsa come una provocazione ai molti e trasversali sostenitori della intangibilità della Parte prima della Costituzione, quella che tratta i “Diritti e doveri dei cittadini” (artt. 1-54), e che non è mai stata oggetto di modifiche a differenza della Parte seconda (“Ordinamento della Repubblica”), più volte ritoccata o materia di proposte di riforma naufragate, come quella bocciata dal referendum del 4 dicembre 2016.
La tesi del politologo, di chiara ispirazione liberale, è che “le enunciazioni contenute nella prima parte della Costituzione furono il frutto di compromessi tra alcune forze (democristiani, socialisti e comunisti) che, all’epoca, non brillavano per adesione ai principi liberali”. Per questa ragione la Costituzione varata da queste forze “era adatta a qualunque uso”, perché se è vero che “servì ad ancorare l’Italia al mondo occidentale” dopo la vittoria democristiana del 18 aprile 1948, avrebbe anche potuto diventare “– senza bisogno di revisioni – la carta fondamentale di una ‘democrazia popolare’ se i socialcomunisti avessero vinto”. E cita come esempi l’art. 1 (L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, non sulla libertà) e gli articoli che limitano in vario modo la proprietà privata e l’iniziativa economica privata in nome del superiore interesse generale e della funzione sociale dell’impresa. Perché non chiarire questi punti in senso liberale, superando i compromessi del 1947, propone Panebianco?
La risposta di Valerio Onida, in rappresentanza dell’ampio schieramento dei difensori del ‘compromesso’, comparsa sullo stesso quotidiano il giorno dopo (Perché difendo Costituzione e Stato sociale), è stata un no secco, drastico: le proposte di Panebianco farebbero fare all’Italia addirittura “un salto indietro di due secoli”, scrive l’ex presidente della Corte Costituzionale, perché comporterebbero un “ritorno all’ideologia dell’individualismo e dello ‘Stato minimo’”.
Eppure è proprio la prima parte della Costituzione a contenere affermazioni di principio contraddittorie, frutto del compromesso (storico davvero, più di quello teorizzato nel 1973 da Enrico Berlinguer) del tempo. Lo dimostrano anche gli articoli che riguardano la scuola.
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