Declassamento istituzioni scolastiche di montagna. 2mila dirigenti scolastici in meno

Nel 2008 funzionavano nel settore scolastico statale 10.823 istituzioni scolastiche, di cui 2.611 (pari al 24,1%) avevano il parametro di popolazione scolastica tra 300 e 500 alunni, mentre la norma ne prevedeva tra i 500 e i 900.

In questi ultimi anni, per effetto del ridimensionamento delle istituzioni scolastiche (inizialmente contrastato tra Governo e Regioni), il numero complessivo si è ridotto a 10.311 con un calo di 512 unità. Se questo calo ha riguardato soltanto queste istituzioni scolastiche sotto parametro, e a meno di improbabili travasi di studenti verso queste “piccole scuole”, dovrebbero essercene ora 2.099 ancora funzionanti, pari al 20% di tutte le istituzioni scolastiche funzionanti.

Ebbene, proprio per quelle 2.099 istituzioni scolastiche “minori” la manovra finanziaria di stabilizzazione ha previsto il declassamento, escludendo di affidarle alla direzione di dirigenti scolastici titolari ma di affidarle alla reggenza di dirigenti titolari in altre istituzioni scolastiche.

Ma questo significa che l’organico dei dirigenti scolastici sarà ridotto di 2.099 unità, proprio nel momento in cui sta per essere bandito il concorso che ne prevede l’assunzione per 2.386 posti.

È vero che 485 posti vacanti non sono stati messi a concorso, ma se il progetto fosse quello del declassamento di istituzioni senza dirigenza, ci sarebbero già almeno 1900 posti a concorso di troppo.

Se l’obiettivo di quel declassamento è il risparmio di spesa (virtualmente 124 milioni annui per 2000 posti soppressi di dirigente scolastico), qualcuno però dovrà detrarre da quel risparmio virtuale i costi del docente vicario esonerato dall’insegnamento che a quel punto si renderebbe necessario e l’indennità di reggenza del dirigente scolastico chiamato dall’esterno a reggere la piccola istituzione scolastica: bilancio zero o quasi.

Val la pena declassare e continuare a tagliare senza un progetto complessivo di rilancio della scuola? Così il Miur si “mangia” il futuro di una parte consistente del sistema educativo che già vive una situazione di forte precarietà.