Contratto scuola, il parere di un lettore

di Roberto Ferrari, ex dirigente scolastico dell’I.C. di Luzzara

Vincitori, a mio parere, i Sindacati Confederali che si vantano di avere ottenuto, come pensano però molti docenti, una “mancia elettorale” dopo un decennio di blocco contrattuale per una categoria che risulta essere la più mal retribuita  nel contesto scolastico europeo.

Vincitori anche per essere finalmente riusciti a smontare un altro pezzo della riforma della scuola del governo Renzi: quella relativa al merito. Così però la stampa nazionale:

 “Scuola, c’è il contratto. Sparisce il merito” di Claudia Marin e “ Un’occasione persa” di Davide Nitrosi su Il Resto del Carlino del 10/02/18. Ancora: “Un nuovo contratto che mortifica il merito”, Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera dell’11/2/18.

I vinti chi sarebbero dunque? Secondo me i docenti più preparati, quelli più apprezzati da studenti e genitori, coloro senza i quali é illusorio ipotizzare una scuola di qualità. Una scuola cioè in grado di competere sul piano degli apprendimenti e delle competenze nel contesto internazionale.

Quando parlo del merito mi riferisco alle competenze pedagogiche, didattiche e metodologiche, senza le quali non possono esservi risultati scolastici di rilievo, né risultati educativi.

Per avere una scuola di qualità servono docenti adeguatamente retribuiti, sempre aggiornati, valorizzati, incentivati, premiati, che creino emulazione  nel contesto scolastico in cui lavorano.

È mai possibile, come prevede il contratto appena rinnovato, che il merito e le capacità individuali che fanno la qualità della scuola vengano riconosciuti attraverso una contrattazione di carattere sindacale? Che cosa ne possono sapere in proposito gli organismi esterni alla scuola o le stesse RSU che pur conoscono la scuola nei suoi assetti organizzativi? Tali organismi sono senz’altro in grado di valutare la partecipazione dei docenti a tali assetti, ma non le qualità individuali dell’insegnamento che dovrebbero rappresentare l’elemento cardine della meritocrazia.

Ma allora chi dovrebbe valutare queste qualità? A mio parere il dirigente scolastico, così come prevedeva la legge denominata “La Buona Scuola” e come avviene nella quasi totalità dei Paesi europei. (Vedasi in proposito quanto succede nella scuola finlandese, la prima in Europa per qualità dei risultati). Un dirigente tuttavia oggi lasciato solo a muoversi per di più in una burocrazia sempre più asfissiante e tale da impedirgli contatti veri ed autentici con il personale docente che dovrebbe valutare. Che cosa si è fatto in questi anni per preparare i dirigenti ad un nuovo e delicato compito come la valutazione dei docenti e la loro premialità? Quali indicazioni, modalità, strumenti sono stati suggeriti in proposito da parte del Ministero dell’Istruzione? Meno di nulla.  Come se il passaggio dal ruolo docente a quello di dirigente, seppure tramite un concorso pubblico molto selettivo che nulla ha mai previsto in relazione a tali competenze valutative, mettesse di per sé i dirigenti scolastici nelle condizioni per effettuare ciò che nessuno si è premurato di insegnare loro.

Credo comunque che l’aver dato il segno, con il nuovo contratto della scuola, che la premialità resta un optional risolvibile semplicemente in un contesto collegiale come quello della contrattazione, serva se non altro a togliere dalle castagne sul fuoco quei dirigenti (mi auguro una parte minoritaria) che in questi ultimi due anni hanno incontrato eccessive difficoltà ad applicare un dettato legislativo che ha messo contro di loro docenti e sindacati.