Concorso per dirigenti: la “zeppa” giurisdizionale dell’ammissione con riserva

Il 14 e 15 dicembre si sono svolte regolarmente le prove scritte del concorso a dirigente scolastico, grazie anche al puntuale impegno dei direttori generali degli uffici scolastici regionali. La procedura concorsuale, come è noto, ha offerto dallo scorso settembre molte occasioni e spunti per interventi critici della stampa specializzata e non.

Ambrogio Ietto, figura storica del ruolo ispettivo del Miur, ha reso palese, in più occasioni, la sua “meraviglia che nel merito di una prova unica, aperta a tutti i candidati, svoltasi nel medesimo giorno su tutto il territorio nazionale, siano intervenuti contestualmente alcuni Tar”.

Effettivamente le decisioni interlocutorie d’urgenza si moltiplicano, si rincorrono l’un l’altra, si trasformano in labirinti. I Tar di Calabria, Lombardia, Puglia, Lazio e Campania si sono pronunciati in modo difforme su temi analoghi e simili.

Tot capita tot sententiae”, ovvero tante le teste, altrettante le opinioni e le decisioni: così recita un noto aforisma appartenente al patrimonio della saggezza popolare, per cui non deve scandalizzare che giudici diversi, specialmente in primo grado, si pronuncino in modo tra loro difforme su temi analoghi o simili.

Nel caso in esame, non conoscendosi l’esatto tenore delle diverse pronunce d’urgenza né degli argomenti in ciascuna sede giudiziaria fatti valere dai soggetti interessati, non resta che attendere l’esito definitivo dei vari giudizi davanti al Consiglio di Stato. Ad esso spetta la decisione definitiva sulle questioni di merito qualora nel frattempo non intervenga, dietro impugnativa formale del Miur, da parte dello stesso una decisione definitiva diversa da quella pronunciata in via cautelare e di urgenza dai singoli Tar.

In questa liturgia è importante definire il contenzioso giurisdizionale promosso dagli esclusi dalle prove nel più breve tempo possibile, e comunque prima della conclusione della procedura concorsuale per prevenire, come già è successo nel passato, la proposizione in Parlamento di proposte emendative finalizzate a “sanare” deficit di requisiti di chi ammesso a partecipare con riserva dovesse risultare vincitore del concorso.