Concorso DS/1. Quella busta malandrina

Il TAR della Lombardia ha dunque annullato le prove scritte del concorso a dirigente scolastico svoltesi in quella Regione a causa della trasparenza della busta che conteneva i dati identificativi del candidato. Non è stato assicurato l’anonimato, sostiene il Tribunale.

Sulla caotica situazione determinatasi hanno preso posizione sindacati e associazioni, o per chiedere l’annullamento di tutti i concorsi (Anief) o per chiedere che l’Amministrazione trovi intanto una soluzione che salvi il salvabile (quasi tutti gli altri).

Tra i vari commenti che hanno accompagnato la quasi kafkiana vicenda riportiamo quello irridente dell’ADi, che a proposito di garanzia dell’anonimato nei concorsi pubblici cita l’esempio dei concorsi a posti di mandarino nella tarda epoca Ming (1368-1644), di cui fu testimone il gesuita Matteo Ricci. Ecco quanto scrive l’Associazione di Alessandra Cenerini.

Questi funzionari erano selezionati attraverso vari gradi di concorso (distrettuale, regionale, imperiale), che iniziava con una prova preliminare (che oggi chiamiamo di preselezione) in modo da restringere il numero di candidati alla prova finale, che era a numero chiuso. I candidati si radunavano il giorno dell’esame nell’ampia sala delle prove, in un edificio cinto di mura suddiviso in quattromila piccole celle dotate solo di una scrivania e di una sedia, a cui accedevano dopo essere stati completamente spogliati e rivestiti con una specie di “saio d’esame” in modo da scongiurare anche la tentazione di copiare. Guardati a vista da soldati e controllati da mandarini giunti da altre province, i candidati sgobbavano per ore sui temi loro assegnati. Dopo di che i testi prodotti venivano copiati da scrivani in tre copie diverse, per far sì che gli esaminatori non potessero riconoscere né il nome né la calligrafia dei candidati. Ogni componimento veniva esaminato da tre commissioni diverse in base al merito, secondo un sistema di valutazione che variava da un minimo di uno a un massimo di novantacinque; a quel punto i componimenti venivano uniti agli originali, e i nomi dei nuovi juren esposti in un grande tabellone fra scene di disperazione e di trionfo. Ogni anno i vincitori non superavano le 300 unità su migliaia di candidati.

Insomma, se proprio si vuole garantire l’anonimato, non mancano i precedenti…