Concorso dirigenti: quando l’eccesso di riservatezza annulla la trasparenza

In un concorso pubblico vale più la riservatezza dei dati sulle prove oppure la trasparenza degli esiti delle procedure di selezione?
Verrebbe da dire: trasparenza, prima di tutto! Ma i fatti sembrano seguire invece altra via.
Con la sola eccezione della Sicilia, in questi giorni tutte le regioni hanno concluso le correzioni delle prove scritte del corso-concorso ordinario a dirigente scolastico e, addirittura, alcune hanno anche concluso le prove orali.
Sui risultati degli scritti ha sorpreso, ancora una volta, il caso del Lazio che non ha pubblicato i voti conseguiti dagli ammessi, limitandosi a rendere noto l’elenco del ridotto numero di candidati che hanno superato le prime prove di selezione.
I voti verranno resi noti direttamente a ciascun interessato con notifica a domicilio.
La riservatezza è stata talmente rigida che gli uffici non hanno voluto comunicare il voto per le vie brevi nemmeno agli interessati.
Prima del Lazio, attenendosi scrupolosamente alla lettera del bando di concorso, avevano seguito questa procedura di estrema riservatezza, ad esempio, anche l’Abruzzo, il Piemonte, l’Umbria e il Molise.
Altre regioni avevano invece dato massima trasparenza agli esiti delle prove, pubblicando le votazioni conseguite dai candidati ammessi.
Il bando di concorso prevede che, concluse le prove orali, siano rese pubbliche le graduatorie dei candidati ammessi alla successiva fase di formazione, con indicazione esplicita dei dati relativi non solo alla prova orale ma anche alla media dei voti delle prove scritte, precedentemente secretati.
Visto che quei dati dovranno essere resi pubblici, perché non farlo subito, assicurando quella trasparenza che la natura di pubblico concorso richiede?