Concorsi facili o difficili…

In risposta alla Vs Newsletter dal titolo Concorso facile, ha senso…? Vorrei proporre alcune riflessioni.

Non si tratta di rendere le prove di un concorso più facili o più difficili, si tratta di renderle attendibili.

Un concorso facile sicuramente non ha senso (come dimostrano le banali domandine citate come esempio…) ma neppure avevano senso le precedenti prove preselettive, con le loro domande astruse, minuziose, talora fuorvianti e frutto forse delle particolari preferenze di lettura di chi le aveva scritte. Perché di questo stiamo parlando, non del concorso nel suo insieme, ma della primissima prova, definita preselettiva, comunque fondamentale perché con funzione di sbarramento: chi non la supera non può proseguire.

 Le prove di un concorso, come qualsiasi altra prova, in classe, all’università o per ottenere un lavoro, devono avere alcune caratteristiche. Una è l’attendibilità, ossia essere costruite in modo che chi le somministra abbia una ragionevole certezza che la selezione sarà veritiera, cioè che solo chi possiede sufficienti conoscenze nel campo richiesto supererà la prova. Un’altra caratteristica è la fairness, cioè la correttezza e la trasparenza (avete presente il fair play?) ossia, chi si sottopone alla prova deve avere la certezza che contenuti, modalità di somministrazione e criteri di valutazione siano corretti, e che la propria prestazione sarà valutata con equità.

Ricordo un episodio di parecchi anni fa, in cui durante un colloquio d’esame di terza media il collega di Lettere domandò al candidato:

“Dimmi In che giorno, mese e anno Don Abbondio incontra i bravi, e quale dito di quale mano Don Abbondio inserisce nel breviario per tenere il segno….” .

Forse questi dettagli facevano parte delle minuzie che il collega amava notare e ricordare, ma è indubbio che tali domande fossero totalmente prive di qualsiasi validità per sondare la preparazione sul Manzoni: il candidato poteva conoscere a fondo l’autore, le caratteristiche del romanzo storico, l’ambientazione, i personaggi eccetera, ma non sapere i particolari sull’incontro con i bravi e sul dito di Don Abbondio!

E, per assurdo, il candidato poteva ricordare questi dettagli, ma essere incapace di fare un inquadramento generale del romanzo. In pratica, la conduzione dell’interrogazione non era tale da garantire l’attendibilità del risultato (ovviamente ne seguì un’inutile discussione, ma questa sarebbe un’altra storia…).

Simili alle domandine su Don Abbondio sono parsi a molti i quiz di concorso prima maniera (a mio avviso artificiosamente ‘difficili’) che potrebbero aver prodotto una selezione con un livello di casualità forse eccessivo. Quiz che hanno sicuramente identificato i casi di candidati bravissimi e con una memoria di ferro, ma potrebbero aver prodotto una selezione casuale su tutti gli altri, più sulla base della fortuna o di abilità puramente mnemoniche, piuttosto che sulle reali conoscenze e competenze. Sicuramente è stata effettuata una grandissima scrematura dei candidati, ma con un’attendibilità molto dubbia e forse anche con poca equità.

Questo fenomeno parrebbe essersi verificato nelle prove preselettive di recenti concorsi sia per docenti che per dirigenti, in cui non si è tenuto conto di un altro ulteriore fattore. I candidati dei concorsi sono persone adulte, con percorsi di studio ed esperienze lavorative molto diverse, che possiedono un bagaglio di conoscenze e competenze solo parzialmente sovrapponibili, e che sicuramente non hanno fatto le stesse letture. Occorre quindi che chi scrive le domande individui un corpus di conoscenze essenziali che tutti devono possedere, e poi lavorare su quelle, facendo attenzione a procedere dal generale al particolare e non viceversa.

Infine desidero sfatare il luogo comune secondo cui la valutazione sarebbe per sua natura un’operazione arbitraria: lo è quando il valutatore non è preparato, quando non vengono date informazioni sufficienti ai candidati e quando le prove sono improvvisate e non collaudate.

A chi prepara le prove dei concorsi suggerisco di studiare attentamente teorie, strategie e buone pratiche sulla valutazione, di matrice anglosassone.

Laura Castelletto,
Dirigente scolastico in quiescenza

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