Compiti a casa/2. “Non fateli…”

Maurizio Parodi, dirigente scolastico (ma, a quanto ci risulta, attualmente non più in servizio), autore di volumi come "Basta compiti! Non è così che si impara" e "Gli adulti sono bambini andati a male", ha trovato nell’indagine Ocse-Pisa di cui alla news precedente una ragione in più per  invitare studenti e genitori a una sorta di sciopero dei compiti delle vacanze auspicando – come ha dichiarato all’agenzia Adnkronos – "il ricorso a misure di protezione del minore, e autodifesa della famiglia, a partire dalla consegna ai docenti di una ‘dichiarazione del diritto alla vacanza’".

Parodi, una cui ipotesi di lettera ai presidi si può leggere in tuttoscuola.com nella rubrica ‘Botta e Risposta’, condivide l’opinione di chi pensa che "gli apprendimenti avvenuti durante l’anno scolastico (soprattutto con lo studio domestico) siano davvero ben poco significativi. In effetti, è proprio così: pare accertato che la ‘permanenza’ delle informazioni apprese attraverso l’insegnamento e lo studio domestico non superi i tre mesi (e che il 70% delle conoscenze sia oggi acquisito al di fuori della scuola). In altre parole: si impara sempre meno a scuola e si dimentica sempre più in fretta ciò che a scuola si impara".

I dati Ocse, a suo giudizio, "sono la conferma che non vi è alcuna dimostrazione dell’utilità dei compiti a casa visto che a fronte di tanto impegno abbiamo i risultati dei diplomati peggiori d’Europa".

A parte il carattere alquanto approssimativo dell’affermazione che gli viene attribuita (i dati Ocse-Pisa riguardano i quindicenni, e non è vero che gli studenti italiani siano i peggiori) riteniamo che se – a parità di ogni altra condizione – i compiti a casa fossero eliminati, l’esito per i nostri studenti sarebbe letale. La scuola italiana di oggi, con la parziale eccezione della scuola primaria a tempo pieno, è organizzata in modo tale da rendere necessario lo studio domestico.

Altro sarebbe il discorso se i piani di studio (pensiamo ai quindicenni dell’Ocse-Pisa) fossero meno frammentati ed enciclopedici, e invece più flessibili e personalizzati; se gli studenti potessero stare a scuola nel pomeriggio; se la didattica fosse più laboratoriale e stimolante; se si diffondesse la pratica del collaborative/cooperative learning; se gli insegnanti imparassero a utilizzare strumenti e metodi che rendessero efficace e autosufficiente l’insegnamento/apprendimento in classe; se… 

Insomma: ne potremmo riparlare. Ma solo se…