
Come l’Intelligenza artificiale sta entrando nelle scuole americane (e poi italiane?). Un’Accademia per gli insegnanti

Il tema è interessante, perché gli sviluppi di frontiera di oltre oceano spesso si manifestano anche da noi qualche anno dopo. Evan Gorelick, un editorialista molto seguito del New York Times, ha reso noti i termini dell’accordo intervenuto nei giorni scorsi tra Microsoft, OpenAI e Anthropic, tre tra i maggiori produttori di chatbot, per finanziare la formazione dei docenti all’uso dell’Intelligenza artificiale (IA).
L’impegno finanziario è rilevante (23 milioni di dollari), e ne fruirà l’American Federation of Teachers, il secondo sindacato degli insegnanti degli Stati Uniti per dimensioni, che ha annunciato l’avvio di un centro di formazione sull’IA per insegnanti, denominato National Academy for A.I. Instruction, con sede a New York, che inizierà a fornire workshop pratici agli insegnanti, già nel prossimo autunno, su come utilizzare gli strumenti dell’IA (AI in inglese) per attività come la creazione di piani didattici. La partnership offrirà agli insegnanti – specifica Education Week – crediti formativi continui, credenziali e certificazioni, workshop, corsi online e sessioni di formazione. Fornirà inoltre supporto e risorse costanti per tenere gli insegnanti aggiornati sugli ultimi progressi dell’IA. Si prevede di coinvolgere 400 mila docenti sul milione e ottocentomila iscritti al sindacato.
Intanto le aziende da qualche tempo si rivolgono anche direttamente agli studenti con tariffe in abbonamento scontate in prossimità degli esami, sostenendo che la competenza nell’intelligenza artificiale preparerà meglio i ragazzi al mondo del lavoro. “È un vecchio copione”, commenta il giornalista: “se i ragazzi si appassionano, avrai futuri clienti”. In un sondaggio rappresentativo a livello nazionale, quasi la metà dei distretti scolastici ha dichiarato di aver fornito formazione sull’IA ai propri insegnanti a partire dallo scorso autunno. Si tratta del doppio rispetto all’anno precedente.
Secondo il giornalista le aziende tecnologiche stanno in realtà utilizzando una vecchia strategia di marketing: promettere che le tecnologie più recenti risolveranno i problemi in classe. Lo fecero già all’inizio degli anni 2000 coi laptop, “e i distretti spesero milioni. Vent’anni dopo, le aziende tecnologiche continuano a propagandare la stessa paura di perdersi qualcosa: suggeriscono che gli studenti hanno bisogno di strumenti all’avanguardia per l’economia di domani”.
Anche l’attuale governo segue questa linea. Il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo ad aprile, esortando le scuole a integrare l’intelligenza artificiale nelle classi di tutti i livelli scolastici “per garantire che gli Stati Uniti rimangano leader globali in questa rivoluzione tecnologica”.
Ma questo aiuterà davvero gli studenti a imparare? Gorelick avanza qualche dubbio: una analisi di 10 studi, per esempio, ha rilevato che i programmi per laptop hanno migliorato solo modestamente il rendimento scolastico a lungo termine degli studenti, ma ora la posta in gioco è molto più alta. Forse occorrerà attendere anni per fare un bilancio degli effetti derivanti dall’avvento dell’IA nei processi di apprendimento, ma intanto occorre prendere atto dell’irreversibilità di tale avvento, ed è bene che le scuole si preparino a gestirlo per non esserne gestite.
E in Italia? Il primo passo da fare è prendere consapevolezza del proprio livello di competenze digitali per insegnare, ed arricchirle. E’ proprio quanto è possibile fare con le soluzioni “DigCompEDU”: un corso allo stato dell’arte, fatto di piacevoli videolezioni consultabili quando si vuole (ideale in questo periodo di pausa estiva) e un esame che fotografa il proprio livello di competenza digitale nell’insegnamento. E non solo, rilascia una certificazione riconosciuta dal Ministero e a livello internazionale, visibile a tutti sul registro pubblico di Accredia. Per saperne di più clicca QUI.
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