Bussetti non ha sparato sulla Buona Scuola

Dopo alcune dichiarazioni pubbliche e qualche intervista, quella dell’11 luglio a Palazzo Madama è stata la prima uscita istituzionale del ministro dell’istruzione, Marco Bussetti, che ha presentato ai parlamentari delle Commissioni istruzione e cultura di Camera e Senato le linee programmatiche della sua azione.

Il neo-ministro ha passato in rassegna un ampio repertorio di questioni del suo dicastero tra scuola, università e ricerca. Si è trattato soprattutto di analisi delle maggiori problematiche in atto, elencate nei nodi critici esistenti, senza fornire, se non in pochissimi casi, prospettive di cambiamento o  soluzioni, forse perché limitato dalle posizioni contrapposte dei due partiti della maggioranza. 

Cambiamenti o soluzioni a cui complessivamente non potrà sottrarsi tra pochi giorni, quando incontrerà nuovamente i parlamentari delle due Commissioni parlamentari che, al termine del suo intervento, gli hanno rivolto, in proposito, numerose domande.

Il ministro, atteso sulla Buona Scuola, nei cui confronti il ‘contratto’ di Governo ha parlato più di modifiche che di azzeramento, ha toccato tre argomenti: la chiamata diretta, l’inclusione e l’alternanza scuola-lavoro.

Sulla chiamata diretta non ha nascosto la sua soddisfazione per avere concordato con i sindacati il superamento di quanto disposto dalla legge 107/2015; ma in sede di replica dovrà rispondere a chi, tra i parlamentari presenti, gli ha chiesto conto di come un accordo sindacale possa annullare l’efficacia di una legge.

Sull’inclusione ha dichiarato di condividere il decreto legislativo 66/2017, attuativo della delega prevista dalla Buona Scuola e di volersi impegnare per assicurare il diritto allo studio fino al diploma dei ragazzi con disabilità.

A riprova del suo interessamento verso i ragazzi con disabilità, ha citato il recente accordo sindacale sulle assegnazioni provvisorie dei docenti che prevede sui posti disponibili l’impiego prioritario di docenti con specializzazione nel sostegno; ma proprio su questo presunto ‘merito’ dovrà spiegare, in sede di replica, come in quell’accordo la centralità degli interventi non sia costituita dagli alunni con disabilità bensì dai docenti, anche non specializzati, a cui verrà assicurata comunque la sede. Sulla centralità del diritto degli alunni, spesso posposto agli interessi dei docenti, dovrà fornire ulteriori chiarimenti in risposta a precisi quesiti dei parlamentari presenti.