Bersani&Renzi/2. La riforma Berlinguer fu un fallimento?

Il caso ha voluto (sempre che di mera casualità si sia trattato) che proprio l’evocato ex ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer, nella sua qualità di presidente del collegio dei garanti delle primarie, si sia trovato a prendere posizione sulla richiesta dei comitati pro Renzi di estendere il diritto di voto al ballottaggio delle primarie anche a coloro che non si erano registrati per il voto entro il 25 novembre 2012.

Posizione di totale chiusura: “C’è chi sta provando ad inquinare l’informazione e a disinformare”, ha detto Berlinguer, riferendosi alle pagine a pagamento comparse su alcuni quotidiani che invitavano a votare al ballottaggio sostenendo che basta una mail per votare. Ma “una volta iniziata la partita, le regole non si possono cambiare tra il primo e il secondo tempo”.

Il tono categorico di queste parole ha indotto qualcuno a pensare che l’ex ministro della PI potrebbe aver aggiunto un quid di risentimento personale, dovuto all’attacco portato da Renzi alla sua riforma, alle argomentazioni di carattere giuridico e procedurale.

Questo non è detto, ma non c’è dubbio che Berlinguer non può aver gradito la stroncatura della sua principale creatura politica, la riforma dei cicli (legge n. 30/2000), quella che secondo Renzi “di sinistra aveva solo il nome” ma che l’ex ministro difende ancora punto per punto in un’ampia intervista pubblicata su Scuola Democratica, dalla conclusione della scuola secondaria superiore a 18 anni alla unificazione della scuola primaria con la secondaria di primo grado, al biennio non unico ma “con impianto culturale unitario”. Quanto al merito individuale, cavallo di battaglia di Renzi, Berlinguer concorda: “guai se non c’è merito”. Ma subito dopo aggiunge: “Bisogna però spingere affinché ci sia un po’ di merito in tutti”.