Benessere lavorativo e leadership scolastica: ecco come il Dirigente scolastico può influenzare clima e performance

Di Teresa Madeo

Il concetto di benessere lavorativo abbraccia diversi ambiti e determina la capacità di un’azienda di promuovere un adeguato grado di serenità, in termini professionali e personali, con l’obiettivo di migliorare la motivazione, le performance e i livelli di retention. Gli individui trascorrono gran parte della loro giornata negli ambienti di lavoro: la qualità dei rapporti che si instaurano e incidono sul raggiungimento degli obiettivi e sull’equilibrio psicofisico, dipende quindi dal clima organizzativo. Il clima di un’organizzazione è “l’aria che si respira” all’interno della stessa e riguarda come si sentono le persone mentre svolgono il loro lavoro. Ciò che i lavoratori sperimentano nel clima di un’organizzazione diventa la chiave interpretativa di situazioni, eventi e cambiamenti che si verificano sul luogo di lavoro, incrementando il senso di appartenenza e la condivisione delle azioni. Clima e benessere organizzativo vanno migliorati attraverso programmi di intervento che possano aumentare e mantenere elevata la motivazione, incrementare il senso di appartenenza all’organizzazione, migliorare la coesione del team, anche con incontri di team building, garantire ai lavoratori un’adeguata formazione professionale e soprattutto realizzare una leadership carismatica, in grado di trascinare verso il raggiungimento di obietti.

Un ambiente lavorativo felice incide sulla vita del dipendente, sulle relazioni nel team di lavoro e sull’esito dei risultati aziendali. La psicologia del lavoro e del benessere nelle organizzazioni ha dimostrato che essere in un ambiente lavorativo sereno porta le persone a produrre maggiormente, ad avere maggiore motivazione e a essere più concentrati sugli obiettivi lavorativi, ottenendo risultati migliori.

Un numero sempre maggiore di aziende include, per incrementare i profitti, nuove strategie che possano promuovere il benessere dell’ambiente di lavoro e delle relazioni, consapevoli che, se i lavoratori sono messi nella condizione di poter operare serenamente, si sentono a proprio agio e portano a termine i propri compiti in modo più naturale. La capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione. Quando è presente il benessere nei contesti lavorativi e formativi, produttività e creatività aumentano a vantaggio della buona riuscita del lavoro e di risvolti ottimali per entrambe le parti.

Purtroppo, i dati indicano che in Italia questo aspetto, legato quindi alla sfera emotiva, ci pone come fanalino di coda tra i Paesi coinvolti. Solo 1 lavoratore su 6 si reca sul luogo di lavoro felice, con piacere, meno del 50% dei dipendenti italiani ritiene di lavorare in un ambiente stimolante, soltanto il 51% ha fiducia nel proprio futuro personale. L’attenzione per il benessere dei lavoratori viene inizialmente posta, negli anni ‘30 del secolo scorso, grazie alla rilevanza assunta dalla tematica della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ci si chiede soprattutto come migliorare l’ambiente di lavoro e individuare i rischi per prevenire gli infortuni e le malattie. Successivamente, con la nascita del movimento delle Human Relations, viene data maggiore rilevanza al fattore umano e a variabili quali la motivazione, i fenomeni di gruppo e l’alienazione legata alla routine lavorativa. Prende così piede una nuova cultura della salute nei luoghi di lavoro, dove il benessere è anche mentale e non solo fisico. Si deve giungere agli anni Ottanta perché si prenda in considerazione il benessere, con l’introduzione del concetto di wellness, che non indica più la salute come assenza di malattia, ma punta l’attenzione sulla presenza di agio. A partire dagli studi sul rapporto tra benessere organizzativo e stress lavoro correlato nasce nel 1990 l’Occupational Health Psychology (OHP), il cui scopo è di applicare le conoscenze della psicologia per migliorare la vita dei lavoratori, favorendone l’empowerment; tenere alta la sicurezza delle condizioni di lavoro; promuovere la salute sui luoghi di lavoro.

Da allora il concetto di benessere al lavoro ha avuto una notevole evoluzione: dal focus centrato sulla conservazione della salute del singolo si è passati al benessere organizzativo e alla conservazione del benessere fisico e psichico. Secondo questa prospettiva, un’azienda che favorisce il benessere dei lavoratori deve mirare a:

  • alta produttività e soddisfazione del lavoratore
  • buona sicurezza dei luoghi di lavoro
  • basso assenteismo e turnover
  • assenza di violenza.

Un lavoratore con un buon senso di autoefficacia si pone obiettivi sfidanti, mette in campo tutte le risorse e le potenzialità per raggiungerli, credendo fortemente nelle proprie capacità di “potercela fare”. Allo stesso tempo, in un circolo virtuoso come questo, il lavoratore aumenta la propria resilienza e apprende strategie di coping/fronteggiamento sempre più efficaci. Il secondo fattore è quello relativo alla dimensione professionale: il grado di soddisfazione, gratificazione e coinvolgimento personali nel lavoro, le caratteristiche attribuite all’organizzazione di cui si fa parte e il riconoscimento sociale del proprio ruolo professionale, il grado di engagement, cioè il livello di coinvolgimento fisico, cognitivo ed emotivo nel lavoro e l’autoefficacia collettiva. Infine, la terza dimensione riguarda i fattori relazionali del benessere nel luogo di lavoro, e comprende la qualità delle relazioni con la dirigenza, l’amministrazione, i colleghi, con una particolare attenzione al vissuto emotivo associato.

Volendo semplificare, potremmo dire che quasi la metà della forza lavoro italiana non vive una condizione di benessere sul lavoro degna di nota.

Alcuni indicatori di benessere organizzativo sono:

  • senso di appartenenza all’organizzazione
  • sentimento di autorealizzazione
  • condivisione dei valori dell’organizzazione
  • equilibrio tra vita privata e lavoro
  • relazioni interpersonali positive con i colleghi.

Di contro, indicatori negativi del benessere organizzativo e aziendale sono:

  • desiderio di cambiare lavoro
  • pensieri di inutilità e di non sentirsi all’altezza
  • risentimento nei confronti dell’organizzazione
  • presenza di mobbing e patologie relazionali
  • confusione di ruoli, compiti e responsabilità.

Pertanto, essere dirigenti oggi è certamente più difficile e complesso di quanto lo fosse in passato, quando l’unico modello di riferimento era quello gerarchico-burocratico.

In tal modo, la logica del bastone e della carota, la diffidenza, la rabble hypothesis non paiono addirsi, oggi, a nessun buon dirigente.

La soluzione virtuosa, difatti, sarà possibile a patto che essi sappiano ascoltare le richieste e comprendere le aspettative dei propri collaboratori, dando loro le giuste risposte, nel rispetto dei rispettivi ruoli e delle proprie competenze e conoscenze.

Il benessere organizzativo presuppone, invero, un capo che sappia ascoltare, che sia capace di esprime feed-back positivi e negativi nei confronti dei propri collaboratori, che celebri i successi raggiunti insieme al suo team e indichi mission e vision, che motivi i propri comportamenti e le proprie richieste al fine di aiutare i lavoratori a elaborare una visione più ampia della realtà, che sia capace di delegare e che non approfitti mai del suo ruolo a scapito dei suoi collaboratori.

Così facendo, in questi ultimi ci sarà un incremento dell’autostima e della fiducia in sè stessi, esprimeranno una maggiore volontà di investimento delle energie personali nel lavoro, assumeranno sempre più consapevolezza e responsabilità del proprio operato, apportando una crescita sana anche all’amministrazione di appartenenza.

Nella realizzazione di un clima di lavoro improntato alla crescita e al benessere, particolare attenzione è da riservare all’equità di trattamento a livello retributivo, di assegnazione di responsabilità e promozione del personale.

Invero, è necessario che vengano definiti criteri e percorsi chiari per responsabilità, carriere, premi, ecc., che vengano esplicitati e resi pubblici. A tutti, difatti, deve essere data in egual misura la possibilità di accedervi, in proporzione sempre alle proprie conoscenze e qualifiche. Questo, invero, permette di riconoscere e valorizzare le competenze e gli apporti dei dipendenti e stimola nuove potenzialità. Il tema della giustizia, infatti, è un tema molto sentito nelle organizzazioni e la maggior conflittualità tra i lavoratori, a scapito del buon funzionamento generale, deriva proprio dalla lamentata mancanza di equità legata ai sistemi premianti e ai criteri utilizzati per l’attribuzione dei riconoscimenti: appartenenza e non meriti, abilità e capacità di “farsi largo” piuttosto che reali capacità professionali, differenza di genere.

Tutto questo lede il singolo lavoratore, apportando un malessere generale che si riflette negativamente sulla crescita dell’amministrazione, ostacolandola e rallentandola.

Si auspica che la sempre più diffusa necessità di garantire lo “star bene” a 360° all’interno del contesto scolastico, smuova l’interesse per affrontare con convinzione a livello di ricerca e di proposte di azione in ottica preventiva, anche tutto l’ambito che riguarda nello specifico il benessere dei lavoratori. Voler creare un ambiente di lavoro caratterizzato dal benessere organizzativo, da pari opportunità, uguaglianza, inclusione, sicurezza costituisce un obiettivo, difficile quanto importante, per far nascere e mantenere senso di appartenenza e motivazione e al tempo stesso incidere sui risultati della azione amministrativa.

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