
Attenzione e autoregolazione nei bambini. Allenare le funzioni esecutive con il gioco simbolico

Tutto comincia da lì. Da un tappeto colorato, da una voce che accoglie ogni mattina, da una carezza che rassicura, da uno sguardo che guida. Crescere e diventare intelligenti – nel senso più profondo e umano del termine – non è frutto del caso né di una predisposizione innata, ma il risultato di un lungo e delicatissimo apprendistato che prende forma sin dai primi anni di vita. È nei servizi educativi per l’infanzia, nello 0-6, e in particolare nella scuola dell’infanzia, che si pongono le basi dello sviluppo cognitivo, emotivo e sociale di ogni essere umano.
Molto prima dei banchi dell’università, è in quelle aule fatte di storie, giochi e prime regole condivise che si allenano le funzioni esecutive, quelle capacità preziose che ci permettono di pianificare, regolare il comportamento, resistere agli impulsi e concentrarci nonostante le distrazioni. Abilità che oggi le neuroscienze confermano essere decisive per il successo scolastico e personale, tanto da influenzare i risultati delle indagini internazionali OCSE PISA e IEA. Eppure, nel frastuono delle nostre giornate adulte, dimentichiamo quanto sia faticoso, per un bambino, imparare a stare al mondo.
Imparare ad aspettare il proprio turno, a dire di no a un impulso, a trovare le parole invece del pianto: ogni piccola conquista è un’impresa immensa, un esercizio di crescita che coinvolge mente e cuore. Nulla di tutto questo è scontato. Serve tempo, presenza, un ambiente che non giudica ma accompagna. Serve una scuola che non trasmette solo saperi, ma che educa alla vita.
Lo avevano intuito grandi pedagogisti come Maria Montessori e Loris Malaguzzi, lo confermano oggi le neuroscienze: non esiste investimento più lungimirante di una buona educazione nella prima infanzia. Perché è lì, in quei primi anni apparentemente invisibili, che si costruisce tutto ciò che verrà.
L’autoregolazione, l’attenzione selettiva, la capacità di passare da un’attività all’altra con flessibilità e di trattenere in mente informazioni per raggiungere un obiettivo sono abilità fondamentali che rientrano nelle cosiddette funzioni esecutive. Non si vedono, non si insegnano con un libro, ma sostengono ogni pensiero, ogni relazione, ogni gesto intenzionale. Sono come radici cognitive che, pur restando invisibili, determinano la stabilità e la direzione dell’albero dello sviluppo. Allenarle sin dalla prima infanzia attraverso esperienze emotivamente significative, giochi simbolici, routine e narrazioni condivise significa costruire le fondamenta di una mente che non solo apprende, ma sa orientarsi nel mondo, riconoscere i propri stati interni e governarli con crescente consapevolezza. È in questo equilibrio dinamico tra guida e libertà, tra contenimento e esplorazione, che il bambino inizia a costruire una versione più autonoma e riflessiva di sé.
Il cuore invisibile dello sviluppo, le funzioni esecutive nei primi anni di vita
Fin dai primi anni, il bambino comincia a sviluppare la sua capacità di autoregolarsi, ma questo processo è tutt’altro che automatico. Le funzioni esecutive costituiscono un sistema di controllo interno altamente sofisticato e dinamico, che consente al bambino di pianificare le proprie azioni, di dirigere e mantenere l’attenzione, di regolare le emozioni e di risolvere problemi in modo flessibile. Si tratta di una regia invisibile ma fondamentale, un insieme coordinato di processi cognitivi che organizzano il comportamento in funzione di obiettivi, norme, contesti e relazioni. Pianificare un’azione, mantenere la concentrazione, resistere a distrazioni e impulsi, cambiare strategia quando necessario sono solo alcuni degli aspetti che dipendono da questo insieme integrato di abilità.
Inibizione, memoria di lavoro e flessibilità cognitiva rappresentano i tre pilastri su cui si fonda questa architettura invisibile, ma essenziale. Queste abilità non si sviluppano in modo isolato, ma crescono grazie all’interazione costante tra predisposizioni biologiche e contesto esperienziale. Quando un bambino aspetta il proprio turno, ricorda le istruzioni di un gioco, adatta il comportamento a una situazione imprevista o gestisce una frustrazione senza esplodere, sta esercitando concretamente queste competenze. Ogni piccola conquista in tal senso è il risultato di un ambiente che offre sicurezza affettiva, stimoli adeguati, contesti strutturati e, soprattutto, la presenza costante di adulti responsivi che sanno contenere, guidare e valorizzare.
È attraverso l’interazione quotidiana, la ripetizione, la narrazione, il gioco, la regolazione co-costruita e l’empatia che queste funzioni si radicano e si consolidano, guidando gradualmente il bambino verso forme sempre più complesse e mature di autonomia cognitiva ed emotiva. Le funzioni esecutive non solo consentono al bambino di apprendere in modo efficace, ma rappresentano la base invisibile della convivenza sociale, della capacità di cooperare, di riflettere su di sé e di agire con intenzionalità.
La frontiera del cervello, il lobo frontale e la sua lenta maturazione
Lo sviluppo delle funzioni esecutive è strettamente legato alla maturazione della corteccia prefrontale, un’area cerebrale situata dietro la fronte e deputata a processi complessi come la pianificazione, il controllo inibitorio, la presa di decisione, la regolazione delle emozioni e l’autoconsapevolezza. Questa regione è tra le ultime a completare il proprio sviluppo e il suo potenziale si esplica pienamente solo nella tarda adolescenza o persino nella prima età adulta, rendendo l’intervento precoce e l’ambiente educativo elementi essenziali per un sano sviluppo cognitivo ed emotivo. Le neuroscienze dello sviluppo hanno evidenziato che, sebbene la corteccia prefrontale sia già attiva fin dai primi mesi di vita, il suo funzionamento è inizialmente inefficiente e frammentato. Il bambino piccolo si muove spesso tra impulsi e tentativi di regolazione, senza ancora un sistema centrale ben organizzato. Tuttavia, questa regione mostra una straordinaria plasticità sinaptica, ovvero la capacità di riorganizzare e rafforzare le proprie connessioni neurali in risposta alle esperienze vissute.
Studi di neuroimaging funzionale e strutturale hanno dimostrato che stimoli cognitivamente sfidanti, relazioni emotivamente significative, interazioni attente e attività che implicano il controllo dell’attenzione sostenuta, della memoria di lavoro e dell’inibizione, contribuiscono direttamente a modellare l’attività del lobo frontale e a potenziare l’efficienza delle sue reti neuronali. In questo senso, la qualità delle interazioni quotidiane con l’adulto, la stabilità delle routine, l’esposizione a situazioni simboliche, le narrazioni condivise e i contesti emotivamente regolati rappresentano condizioni imprescindibili per lo sviluppo di un cervello che integra ragione, emozione e comportamento. È proprio in questi scambi intensi e significativi, che il bambino non solo apprende strategie di adattamento, ma consolida le fondamenta neuronali della sua autoregolazione, costruendo progressivamente la capacità di tollerare la frustrazione, ritardare la gratificazione, pianificare le azioni e adattarsi in modo flessibile a contesti sociali e scolastici sempre più complessi.
Il gioco simbolico come palestra cognitiva ed emotiva
Tra le attività più importanti per potenziare le funzioni esecutive vi è il gioco simbolico, un terreno fertile dove la mente del bambino si allena senza accorgersene, in uno spazio che intreccia finzione, realtà, emozione e intenzionalità. Quando un bambino finge di essere un astronauta, una maestra o un cuoco, non sta semplicemente riproducendo ruoli osservati nel mondo reale, ma sta orchestrando un insieme sofisticato e integrato di processi cognitivi, emotivi e relazionali. Ricorda regole implicite ed esplicite, organizza sequenze di azioni, adatta il proprio comportamento in funzione del personaggio assunto e delle dinamiche del gioco condiviso con altri bambini. Questa forma di gioco, apparentemente spontanea, implica una pianificazione mentale continua, un controllo degli impulsi, una capacità di alternare punti di vista e di monitorare le proprie emozioni in tempo reale.
Ogni scenario immaginario richiede, infatti, di sospendere la realtà e i propri desideri immediati, esercitando così l’inibizione, mentre l’alternanza tra personaggi, compiti e prospettive attiva la flessibilità cognitiva. Inoltre, la memoria di lavoro viene stimolata costantemente poiché il bambino deve tenere a mente il contesto narrativo, ricordare le regole del gioco, considerare le azioni e le reazioni dei compagni e adattarsi a eventuali cambiamenti improvvisi della trama. In questa cornice dinamica, il corpo è coinvolto tanto quanto la mente: gesti, mimica, tono della voce e movimento contribuiscono a dare forma al pensiero, rafforzando l’integrazione sensomotoria e linguistica.
Il gioco simbolico è, per eccellenza, uno spazio di apprendimento integrato, dove l’intelligenza incontra l’emozione, il corpo si fonde con la mente, e la creatività si coniuga con il bisogno di relazione. È una vera palestra per lo sviluppo della mente sociale, poiché stimola l’empatia, la capacità di cooperare, la comprensione delle regole condivise e la gestione dei conflitti. È proprio in questo universo sospeso tra finzione e realtà che il bambino costruisce le sue prime mappe cognitive del mondo e di sé, interiorizza schemi d’azione, esplora possibilità alternative e sperimenta l’arte dell’adattamento, imparando a interpretare, anticipare, gestire e trasformare situazioni complesse, proprio come farà nella vita adulta.
Routine quotidiane e narrazioni, l’ordine che allena la mente
Le routine quotidiane, spesso sottovalutate, rappresentano uno dei contesti più efficaci per allenare la mente del bambino e sostenere lo sviluppo delle funzioni esecutive. Attraverso la ripetizione strutturata di gesti, orari e rituali, il bambino impara a prevedere ciò che accadrà, sviluppando sicurezza, orientamento temporale e capacità di adattamento. Questo senso di prevedibilità rafforza l’inibizione comportamentale, in quanto il bambino apprende a regolare i propri impulsi sulla base di attese interiorizzate. Le routine non sono meri automatismi, ma scenari ricorrenti in cui il cervello infantile può esercitare attenzione focalizzata, memoria di lavoro e flessibilità, adattandosi gradualmente a cambiamenti di contesto o sequenza. Allo stesso tempo, la narrazione condivisa, sia essa lettura ad alta voce o racconto inventato insieme, stimola molteplici aree cerebrali deputate all’empatia, all’immaginazione e all’integrazione cognitivo-emotiva. Ascoltare una storia o partecipare alla sua costruzione attiva la memoria di lavoro, promuove la comprensione dei punti di vista e favorisce l’anticipazione di eventi futuri. Le storie permettono al bambino di vivere esperienze emotive in modo protetto, riflettere sui comportamenti dei personaggi, interiorizzare modelli di azione e apprendere regole implicite di comportamento e relazione. Dentro ogni racconto, il cervello esercita le sue funzioni più profonde, accompagnato dallo sguardo e dalla voce di chi legge, che rappresentano per il bambino una guida affettiva e cognitiva insostituibile.
Buone pratiche educative per sostenere le funzioni esecutive
In un contesto educativo consapevole, l’attenzione alle funzioni esecutive può diventare parte integrante della quotidianità, trasformando ogni esperienza in un’opportunità per lo sviluppo integrato del bambino. Proporre giochi di finzione che prevedano ruoli e regole flessibili consente ai bambini di esercitare la pianificazione, l’inibizione e la flessibilità cognitiva in un ambiente protetto e motivante. Questi spazi, dedicati alla drammatizzazione e al teatro infantile, promuovono anche l’espressione delle emozioni, la gestione dei conflitti e la negoziazione di significati condivisi, abilità fondamentali per la convivenza e la crescita personale.
Le attività di narrazione partecipata, nelle quali i bambini co-creano storie con l’adulto, potenziano la memoria di lavoro, l’empatia e il pensiero divergente. Narrare insieme significa anche imparare ad ascoltare, a turnare nella conversazione, a immaginare punti di vista diversi dal proprio, rafforzando così la coesione sociale e il senso di appartenenza. Le routine scolastiche, rese visibili attraverso supporti iconici o strumenti visivi strutturati, aiutano i bambini a sviluppare capacità di anticipazione, orientamento e gestione del tempo, aumentando la loro autonomia e riducendo l’ansia da incertezza.
Un ruolo sempre più riconosciuto nella promozione dell’autoregolazione e dello sviluppo delle funzioni esecutive lo svolgono anche attività ritmico-musicali come la body percussion e il canto corale. La body percussion, attraverso il movimento coordinato del corpo e l’ascolto ritmico, stimola la memoria di lavoro, l’attenzione sostenuta e il controllo inibitorio, favorendo la sincronizzazione tra azione e percezione. La coralità, intesa come canto di gruppo guidato, allena l’ascolto reciproco, la regolazione dell’intensità e del tempo d’intervento, sviluppando empatia e cooperazione. Entrambe queste attività, oltre a rinforzare la coesione del gruppo, creano un ambiente ludico e motivante in cui il bambino può allenare competenze cognitive e relazionali in modo naturale e coinvolgente.
Infine, l’introduzione di pratiche di mindfulness adeguate all’età, come semplici esercizi di respirazione consapevole, body scan, ascolto attivo o visualizzazioni guidate, può avere un impatto positivo sull’autoregolazione emotiva, sulla concentrazione e sul benessere psicofisico. Queste pratiche favoriscono la costruzione di uno spazio interiore di quiete, in cui il bambino può osservare pensieri e emozioni senza esserne sopraffatto. Ogni momento della giornata educativa, se condotto con intenzionalità pedagogica e sensibilità relazionale, può diventare un laboratorio invisibile di crescita interiore e di allenamento mentale, dove mente, corpo e affettività si sviluppano in armonia.
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