Apprendere al tempo della complessità in un’ottica di educazione permanente. Parla Victoria Marsick
di Stefano Spennati*
Dialogo con Victoria J. Marsick, Teachers College, Columbia University di New York, coautrice con Karen E. Watkins del testo di recente pubblicazione “Rethinking Workplace Learning and Development” Elgar Publishing 2023 – Ripensare l’apprendimento e lo sviluppo sul lavoro).
Il XXI secolo è sempre più caratterizzato dalla necessità di cambiare i modelli di governance delle organizzazioni del lavoro, incluso il mondo della scuola. Marsick e Watkins partono da questa riflessione per evidenziare come sia necessario ripensare l’apprendimento e lo sviluppo sui posti di lavoro ed i legami di questi alle dinamiche della complessità. Secondo le Autrici, infatti, l’organizzazione indica alcuni gradi di intenzionalità, ma non riesce a controllare completamente l’apprendimento umano al lavoro e di beneficiare di questa conoscenza. L’apprendimento nei posti di lavoro è, infatti, ormai fortemente connesso ai bisogni organizzativi che mutano in modo imprevedibile e, proprio per questo, richiedono capacità di sviluppo e di adattabilità ad un mondo di emergenze che genera apprendimento, sviluppo e trasformazione.
Nella conversazione che segue emerge con chiarezza come lavorare nella complessità determina che anche l’apprendimento formale di natura scolastica debba cambiare per educare le giovani generazioni alle sfide proprie del nostro tempo, attraverso un ambiente e una cultura che le portino ad imparare a crescere.
Marsick e Watkins utilizzano l’esperienza pandemica per dimostrare come, in breve tempo, sia stata azzerata la normalità pre-Covid e come la “nuova normalità” sia radicalmente differente da come ciascuno di noi viveva prima.
Professoressa Marsick, l’esperienza pandemica è stata per tutti noi la dimostrazione più evidente di come di fronte ad una situazione imprevedibile e complessa sia stato necessario modificare comportamenti e atteggiamenti e apprendere nuove modalità di comunicazione, di studio e di lavoro, anche attraverso le tecnologie. Nella sua riflessione scientifica lei utilizza l’acronimo VUCA per rappresentare la realtà in cui viviamo. Ce ne può parlare?
“Il mondo oggi è caratterizzato da tre forze chiave: l’interdipendenza, la velocità e la complessità. Quindi possiamo dire che le persone apprendono in ambienti volatili, incerti, complessi e ambigui (volatile, uncertain, complex and ambiguous, VUCA). L’interdipendenza rafforza i network, le comunità di pratica e gli approcci collettivi. La velocità abbrevia il tempo per l’apprendimento, enfatizzando anche micro apprendimenti o l’apprendimento nel corso del lavoro. La complessità è ovunque ed è determinata da fattori quali: il numero di informazioni contenute o il numero di componenti nel sistema, le interconnessioni e la non linearità, che è una chiave della complessità.
Tutto ciò comporterà sempre più cambiamenti nelle attività lavorative che richiederanno, di continuo, upskilling e reskilling.
Ma soprattutto, tutto ciò determina un’evoluzione delle teorie dell’apprendimento così come le abbiamo conosciute nel Novecento quando learning and development (apprendimento e sviluppo) venivano originati nelle certezze, nelle buone pratiche e nel training per acquisire nuove conoscenze attraverso un apprendimento Top-down di successo controllato da modelli vincenti.
La complessità rivoluziona questi schemi e mette piuttosto, in primo piano, l’apprendimento Bottom-up che favorisce modelli spinti dalla passione e dagli obiettivi di chi apprende”.
Può spiegarci meglio come la complessità influisce sul ripensamento dell’apprendimento e dello sviluppo?
“Le teorie dell’apprendimento sostengono che l’apprendimento è cambiamento in qualcosa: uno schema di significato, un comportamento, una competenza o conoscenza. Dove le teorie differiscono è nella premessa su che cosa noi apprendiamo e che cosa questo implica per ridisegnare l’apprendimento.
Le performance che ai lavoratori necessitano al nostro tempo richiedono aggiornamento e quindi apprendimento continuo. Per questo, le organizzazioni hanno bisogno di motivare i loro lavoratori, perché possano avere un ruolo attivo nei contesti aziendali per trovare soluzioni a problemi sconosciuti.
Finora, la sintesi degli attuali comportamenti aziendali poteva essere racchiusa nell’acronimo ADDIE: analizzare, progettare, sviluppare, implementare e valutare (Analysis, Design, Development, Implementation, and Evaluation). ADDIE è il passato. Il presente e il futuro si focalizzano sul pensiero progettuale, sulla creatività, sulla creazione di conoscenza e innovazione.
L’apprendimento ed il suo sviluppo diventano tanto più efficaci, insomma, se le persone apprendono e costruiscono significati al lavoro attraverso l’interazione con gli altri e con gli stimoli delle situazioni. La chiave dell’apprendimento in un ambiente VUCA è di sviluppare un apprendimento intenso, ambiente e cultura. I comportamenti si adattano alle situazioni che cambiano e questi emergeranno se si è supportati a farlo.
La nostra prospettiva di apprendimento individua, pertanto, sette dimensioni di un modello di apprendimento dell’organizzazione che rimandano alla necessità: di creare opportunità di apprendimento; di promuovere il dialogo; di incoraggiare la collaborazione e l’apprendimento di gruppo; di favorire nelle persone una visione collettiva; di creare sistemi per cogliere e condividere l’apprendimento; di creare connessioni sistemiche con l’ambiente; di fornire leadership strategiche per l’apprendimento”.
Professoressa Marsick, nel suo libro richiama una riflessione di Scharmer che si domanda: “Come è possibile arrivare ad imparare in momenti di rottura quando non si riesce a portare con sé le esperienze del passato?” Il suo modello di apprendimento, che si genera e si sviluppa dal basso e non più dall’alto, prende coscienza di questa sfida e va oltre indicando nell’approccio sociale e collaborativo la frontiera di una nuova modalità di apprendimento che rivoluziona le dinamiche di gruppo e soprattutto la leadership per l’apprendimento. Ci può illustrare la sua teoria?
“Con la collega Watkins abbiamo riconsiderato il modello di Lewin del 1946 che con la Ricerca in azione aveva individuato l’inizio del cambiamento con il riconoscimento della situazione attuale che poi porta ad un piano generale al fine di poter procedere.
Già Lewin aveva evidenziato che bisogna rimanere aperti e flessibili, al fine di rispondere a quel che si è appreso a ciascun stadio del processo di cambiamento, acquisire dati sulle azioni intraprese, rivedere l’azione o riformulare il problema, attraverso nuovi dati che possano poi rispondere al nuovo problema in questione.
Quindi, attraverso l’osservazione delle mancanze tra dove si trova l’organizzazione e dove vorrebbe arrivare si favorisce il cambiamento. Il nostro modello, che tiene conto ovviamente della complessità propria del nostro tempo, prevede le seguenti fasi: diagnosticare la situazione; creare un cambiamento desiderato; costruire un percorso lungo una visione; dare vita ad esperimenti collaborativi; generare apprendimento per giungere a produrre cambiamenti, controllo dei risultati e produzione di nuovi esperimenti attraverso un modello cooperativo tra tutti i soggetti interessati.
Sui posti di lavoro, e sicuramente anche a scuola, diviene strategico “fare team per innovare”. Finora i team sono stati relativamente stabili, con chiari confini, obiettivi comuni e responsabilità collettive rispetto ai risultati.
La complessità, secondo noi, cambia l’immagine dei team, come lavorano e tutte le condizioni legate al nuovo pensiero dell’apprendimento del team. Spostano l’attenzione dalle strutture rigide e stabili del team, concetto passivo, al concetto attivo introdotto da Amy Edmondson del “teaming”, cioè fare gruppo (ruoli e persone diverse che, a prescindere dalla gerarchia, producono qualcosa di nuovo).
Il successo di questi team dipende dalla capacità di apprendimento di ciascuna persona, quindi dall’abilità di adattarsi rapidamente e in maniera efficiente a nuove conoscenze.
In assenza di esperienze passate e di conoscenza, i team ricorrono all’apprendimento per acquisire risposte e gestire opportunità.
Tutto questo, attraverso la conversazione che fa emergere visioni differenti e prospettive integrate. Attraverso i risultati vengono a crearsi nuove prospettive, nuovi approcci, nuovi comportamenti e iniziative.
In questo senso, gli stessi posti di lavoro diventano luogo di apprendimento informale, a differenza di quanto avveniva in passato quando era possibile distinguere l’apprendimento certo, routinario e formale da quello informale e non formale”.
Ma cambia anche la leadership?
“Certo, con la complessità cambia anche la leadership. I leader sono all’apice di questo complesso sistema e sono responsabili di guidare il cambiamento culturale. Ma risulta necessario il continuo negoziare con l’ambiente, facendo in modo di essere dei micro modulatori, che lavorano all’interno del sistema, alterando il sistema e le sue evoluzioni.
Alcune organizzazioni americane stanno puntando sulla “leadership collettiva”, perché non riescono più a reggere le rigide gerarchie, le strutture enfatizzano l’autorità individuale del leader. Al contrario, la leadership collettiva, che è caratterizzata da una condivisa, distribuita, plurale o inclusiva leadership, è contestuale e amorfa.
Più ampiamente, è un processo fluido e dinamico verso il riconoscimento del ruolo di leadership, in cui gli individui entrano ed escono da questi ruoli frequentemente attraverso relazioni formali ed informali. Non è riferita ad una persona, ma ad un insieme di comportamenti con i diversi membri del team”.
E per concludere, Professoressa Marsick, il suo modello prevede un “Sistemic Coaching” (Coaching sistemico). Recentemente la scuola italiana ha introdotto la figura del “docente tutor” con l’obiettivo di personalizzare i percorsi di studio e contrastare i fenomeni di dispersione scolastica e formativa puntando, al contrario, a favorire il pieno successo formativo di tutti e di ciascuno. Nella sua teoria di Learning and Development (Apprendimento e sviluppo), cosa intende per coach?
“All’interno di Learning and Development, la funzione di coaching è quella di poter aiutare i membri di un gruppo di apprendimento a vedere il valore dell’interdipendenza e di connettere ciò che fanno nel sistema.
In particolare, i coach sviluppano e riconoscono se l’apprendimento e lo sviluppo crescono attraverso la relazione tra un soggetto all’interno di un sistema e l’intero sistema.
Il coach, come credo potrà fare a scuola anche il docente tutor, deve, per questo, non solo favorire l’apprendimento, ma anche aiutare a disimparare e ad imparare nuovamente favorendo l’evoluzione delle conoscenze. Le soluzioni, infatti, sono semplici quando i risultati sono prevedibili. Sono invece complicate quando sono prevedibili ma soltanto a certe condizioni e usando conoscenze e competenze specializzate che sono difficili da porre in semplici regole.
In particolare, la trasformazione digitale ha un ruolo fondamentale nella definizione delle competenze e nel ripensamento dell’apprendimento e dello sviluppo dei lavori.
Le tecnologie hanno accelerato il passo del cambiamento come anche l’accesso all’apprendimento e alla informazione. Ciò determina più apprendimento on demand come anche l’apprendimento informale e incidentale per generare scelte alternative per azioni in una determinata situazione.
Vorrei, ora, suggerirvi alcune linee guida che, con Watkins, abbiamo ritenuto utili per prendere decisioni nel momento in cui nessuno conosce di sicuro che cosa potrà portare al successo, in una situazione di cambiamento costante:
in una situazione di alta incertezza, ma di bassa importanza, abbiamo solo bisogno di monitorare, se c’è bisogno di qualcosa quando dobbiamo riformulare una risposta.
Ma se la situazione è di alta incertezza e di alta importanza e non c’è una chiara direzione da percorrere, dobbiamo inventare, ricorrere per prevedere possibilità di risposte ora sconosciute. Le giovani generazioni, così come gli adulti sui posti di lavoro, dovranno infatti non solo, come abbiamo già avuto modo di dire, confrontarsi con ambienti volatili, incerti, complessi e ambigui (VUCA), ma dare risposte e trovare soluzioni anche in contesti rapidi, imprevedibili, paradossali e ingrovigliati (RUPT).
Al di là degli acronimi, quello che conta in un sistema complesso è che dovrà ricercare le risposte per diagnosi ed azioni a supporto della flessibilità e capacità di prendere decisioni in situazioni per le quali non c’è certezza o una risposta chiara.
Proprio come è avvenuto recentemente con la pandemia da Covid, quando l’isolamento e la creatività che è stata generata hanno reso più evidente quanto possiamo fare affidamento sull’apprendimento incidentale nella nostra vita quotidiana, particolarmente come una risposta ad una complessità crescente”
Chi è
Victoria Marsick ha conseguito un B.A. al College di Notre (Cleveland, Ohio), un Master in International Public Administration alla Maxwell School, Syracuse University e un PHD in Educazione degli Adulti alla Berkeley University in California.
È Professoressa in Adult Education Leadership al Teachers College della Columbia University di New York e co-direttore con Martha Gephart dell’Istituto J.M. Huber, per l’apprendimento organizzativo, la leadership e il cambiamento. Ha lavorato a lungo in Asia e in altri paesi con organizzazioni no-profit e ha diretto lo sviluppo e la formazione del personale presso l’UNICEF. È stata inserita nella Hall of Fame dell’educazione continua e degli adulti e ha ricevuto il premio HRD Scholar Hall of Fame 2018 dall’Academy of HRD.
È stata Visiting Professor all’Università degli Studi di Bergamo e all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Gli studi di Victoria Marsick hanno affrontato i temi dell’apprendimento informale nel contesto lavorativo, l’apprendimento in team, l’Action Learning, l’apprendimento organizzativo strategico, la gestione della conoscenza, le organizzazioni dell’apprendimento e i modelli internazionali di gestione.
Per ulteriori informazioni: www.tc.columbia.edu/faculty/vjm5/
*Docente a.c. di Metodi e tecniche della ricerca educativa, Università degli Studi di Bergamo
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