Ammalarsi dietro la cattedra, docenti e disagio mentale

L’altra faccia degli insegnanti. Stremati, sofferenti, spaesati, a rischio. Storie di disagi mentali sviluppati dietro la cattedra e ignorati da istituzioni, sindacati e mondo scientifico. Parte all’analisi di trenta casi clinici, raccolti dalla Commissione medica per l’inabilità al lavoro’, il libro di Vittorio Lodolo D’oria, medico ematologo e rappresentante delle Casse pensioni Inpdap nel Collegio medico dell’Asl Città di Milano per il riconoscimento dell’inabilità al lavoro per cause di salute.

Scuola di follia, questo il titolo del libro edito da Armando editore, approfondisce il fenomeno del disagio mentale sviluppato dai docenti durante l’esercizio della professione. Una patologia attuale, finora rifiutata dall’opinione pubblica, che irrompe con violenza nella quotidianità della vita scolastica e viene documentata per la prima volta solo nel 2004, in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica La medicina del lavoro. Dall’indagine che riconosceva agli insegnanti il maggior rischio professionale di sviluppare vere e proprie malattie psichiatriche, prende le mosse il lavoro di Lodolo D’oria che analizza l’acuirsi del fenomeno – soprattutto dopo la riforma delle baby pensioni del ’92 – fino ai giorni nostri.

Il medico milanese racconta di un disturbo che cresce nel silenzio, fino a esplodere. L’ambiente scolastico diventa invivibile, gli alunni vivono in una condizione di paura, che mette in allarme i genitori e gli altri docenti. I presidi spesso affrontano la questione in maniera sbrigativa: se le sanzioni disciplinari non funzionano, allontanano il docente problematico, scaricandolo a un altro istituto. Nessuno, però, si prende cura della patologia. Perché nessuno la considera tale.

E invece, è di questo che stiamo parlando”, spiega Lodolo D’Oria. “Di una malattia”. Fra le patologie osservate, 1/3 del campione analizzato dal medico è affetto da psicosi, 1/3 da disturbi di personalità, 1/3 da disturbi d’ansia e disturbi dell’umore. L’origine del disagio è nel burnout: in una parola esaurimento. L’insegnante cade sotto i colpi dello stress legato all’attività professionale. Provato dall’affaticamento fisico ed emotivo, dalla spersonalizzazione dei rapporti con i colleghi, dal senso di frustrazione che porta alla riduzione dell’autocontrollo.

“Insegnare logora”, scrive Lodolo D’Oria nell’introduzione al lavoro realizzato in collaborazione con psicologi e psichiatri di Milano. “La famiglia educa sempre meno e delega sempre più la scuola”. D’altro canto, prosegue, “i genitori riconoscono la difficoltà e la fatica del proprio essere educatori, ma la negano ai precettori dei propri figli”. Nella sua attività quotidiana il docente puo’ andare incontro a situazioni di stress, e in seguito, passando attraverso il burnout, scivolare nella psicopatologia. Sono tre, spiega Lodolo D’Oria, gli “strati di una piramide all’interno dei quali un insegnante può posizionarsi: la base più ampia di chi è più o meno soddisfatto del proprio lavoro, la fascia intermedia di chi vive in equilibrio psichico precario e l’apice popolato da docenti che hanno smarrito il senno”.

Lo studio di partenza, pubblicato dalla rivista La medicina del lavoro’ e condotto su 3.447 dipendenti pubblici – di cui 774 insegnanti – ha dimostrato che i sintomi manifestati non sono frutto di simulazioni. “Al pari delle laringiti croniche – prosegue Lodolo D’Oria – i disturbi mentali sembrano fare parte delle patologie professionali dei docenti”. Un problema di cui la comunità intera deve farsi carico: “Nessuno – conclude il medico milanese – può chiamarsi fuori quando a essere coinvolta è la scuola”.