Alunni ritirati da italiano: si può?

In una scuola media in provincia di Potenza i genitori di una decina di alunni hanno deciso di ‘ritirare’ i loro figli durante le ore di italiano per protesta contro i metodi della insegnante di questa materia, considerati “poco ortodossi”.

Così i ragazzi, iscritti a una seconda classe, vengono di volta in volta accompagnati fuori dall’aula da un avvocato che segue la vicenda per incarico dei genitori, e poi riportati in classe al cambio dell’ora. La questione è ora all’attenzione di un ispettore inviato dall’USP.

Secondo l’avvocato né il dirigente scolastico dell’istituto né le autorità scolastiche hanno dato ascolto alle proteste dei genitori avanzate già durante lo scorso anno scolastico. Così alla riapertura della scuola l’avvocato ha messo in atto la singolare protesta, operando sulla base di una formale delega della potestà genitoriale firmata da ogni singolo genitore interessato e depositata presso il dirigente scolastico.

La questione, senza precedenti, solleva non pochi interrogativi: è legittimo l’operato dei genitori? Le assenze sono da considerare giustificate (dai genitori) o sono comunque ingiustificate? Come si dovrebbe comportare il Consiglio di classe in sede di scrutinio?

Le norme vigenti sull’obbligo scolastico (D. Lgs 297/94, art. 111) consentono ai genitori di “provvedere privatamente o direttamente all’istruzione dell’obbligato” a condizione che dimostrino di “averne la capacità tecnica od economica”, dandone comunicazione anno per anno alla competente autorità. Ma questa facoltà riguarda nel suo complesso l’intero anno scolastico e tutte le materie, non una sola come in questo caso.

In teoria i genitori degli alunni interessati potrebbero fare seguire i figli da un insegnante privato di italiano, e chiedere poi alla scuola (entro il 30 aprile) di far sostenere loro un esame di idoneità solo per questa materia. L’ipotesi appare teorica per vari motivi, tra i quali il fatto che sarebbe pur sempre il Consiglio di classe, del quale fa parte anche la docente ‘rifiutata’, a valutare l’esito della preparazione ‘privata’. E poi, dal punto di vista procedurale, sarebbe più facile ritirare gli alunni da tutte le materie piuttosto che da una sola. Senza considerare che se si creasse un precedente , molti genitori potrebbero essere indotti a seguire la stessa strada con conseguenze sconvolgenti per il modello di scuola tradizionale.

Comunque la problematica sollevata da questo caso appare interessante per vari aspetti: giuridici, organizzativi, pedagogico-didattici, sociali. Merita, insomma, attenzione.