Alternanza scuola-lavoro/2. Un ‘duale’ molto italiano
“La scuola è e deve rimanere conoscenza, nessuno vuole modificarne l’assetto, vogliamo solo fare rientrare anche la competenza, che non la si impara solo in laboratorio, ma facendo esperienza”.
È un concetto sul quale insiste da tempo il sottosegretario del Miur Gabriele Toccafondi che lo ha esposto anche nella sede di Assolombarda il 22 febbraio concludendo la giornata dedicata all’alternanza scuola-lavoro, e riproposto il 26 commentando l’esito del Rapporto 2016 di Almadiploma.
Il sottosegretario sostiene che se da una parte “la nostra bussola è il sistema duale tedesco”, dall’altra “noi non siamo la Germania, stiamo costruendo con alternanza, Istituti tecnici superiori e apprendistato, la nostra via italiana”.
Ma questa ‘via italiana’ ha davvero qualcosa in comune con il ‘duale’ tedesco?
Di fatto solo il canale dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, così come definito dal Jobs Act e dall’accordo Governo-Regioni-Provincie autonome di Trento e Bolzano del 24 settembre 2015, richiama in qualche misura il modello tedesco (per la forte presenza di “contenuti di applicazione pratica”: almeno il 40% nel secondo anno, e 50% nel terzo e quarto) ma riguarda soltanto il sistema di Istruzione e Formazione (IeFP). Tra le esperienze presentate a Milano il 22 febbraio solo una parlava decisamente tedesco, con 5 giorni di formazione nel posto di lavoro e uno solo a scuola. Così come a livello postsecondario solo pochi percorsi di ITS (Istruzione Tecnica Superiore) sono assimilabili alle Fachhochschulen tedesche.
L’alternanza che riguarda le scuole, anche quella più consistente prevista dalla legge 107/2015 per gli istituti tecnici e professionali (400 ore nel triennio), a nostro avviso non può essere nemmeno lontanamente accostata al sistema duale tedesco perché resta pur sempre un modello largamente scuolacentrico, mentre il duale tedesco è per così dire lavorocentrico. Sempre che sia realizzata al meglio (il che non sarà facile in molte scuole, soprattutto del Sud), servirà per accorciare la distanza tra il mondo della scuola e quello del lavoro, e forse contribuirà a rinnovare alcuni aspetti della didattica in direzione di una maggiore attenzione per gli aspetti legati all’acquisizione di competenze anche trasversali (soft skills), ma riguarderà sempre studenti, non lavoratori, come accade in Germania. E’ appunto una “via italiana”.
Quanto ai licei (200 ore nel triennio, poco più di due settimane all’anno) non mancano dubbi e resistenze non solo sul come ma anche sul se realizzare l’alternanza, come mostriamo nella news successiva.
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