Cosa fare se tuo figlio è un bullo? Piccolo vademecum per genitori
Il libro è uscito a gennaio 2018 ma è quanto mai d’attualità, viste le notizie degli ultimi tempi. Una parola accomuna tutte queste vicende e mille altre simili: il bullismo. E proprio di questo si occupa “Quello che i ragazzi non dicono”, scritto da Nan Coosemans, formatrice e mamma di due adolescenti, che lavora da quasi vent’anni nel campo della crescita personale e nel 2010 ha fondato l’associazione Younite. Bullismo sì, ma visto da un’ottica diversa stavolta: non quella delle vittime, ma quella dei carnefici.
La domanda di fondo è semplice: cosa fare se si scopre che il proprio figlio è un bullo? L’autrice propone una sorta di decalogo, altrettanti strumenti a disposizione dei genitori per interpretare il disagio dei propri figli ed evitare che questo possa creare conseguenze drammatiche su di sé e sugli altri.
1. Ascoltare
Non bisogna dare nulla per scontato, per cui è necessario ascoltare bene le parole del ragazzo. Si potrebbero scoprire prospettive ben diverse da quelle di un adulto. Non si parla ovviamente di giustificare atteggiamenti violenti, anzi, ma di comprenderne le cause. Responsabilizzare il proprio figlio facendone l’interlocutore per la soluzione di un problema che lo riguarda è importante.
2. Capire perché
Una volta comprese le cause, bisogna cercare insieme le soluzioni. Spiegando che ci sono altri modi per sentirsi meglio senza prevaricare gli altri.
3. Confrontarsi con altri genitori
Come è strutturato il gruppo, la baby gang? Anche gli amici hanno atteggiamento da bulli, il ragazzo è un gregario o è il capo?
4. Aggredisce per difendersi?
Ci sono stati cattivi esempi passati, esperienze negative? È stato vittima di bullismo a sua volta, per cui ora il ragazzo replica certi atteggiamenti da duro?
5. Spiegare le conseguenze
Il male che viene fatto può provocare effetti devastanti, come insegna la cronaca. E anche conseguenze scolastiche e penali di un certo rilievo. È bene spiegarlo chiaramente.
6. L’esempio
Difficile predicare bene e razzolare male. Se in casa, o fuori con i vicini, o magari nel traffico, ci sono atteggiamenti sbagliati dei genitori, è difficile chiedere al ragazzo di comportarsi in modo diverso. Un esame di coscienza serve sempre.
7. Nuovi obiettivi
Secondo l’autrice, nuovi stimoli possono aiutare. Distrarre dai comportamenti aggressivi può servire, magari inquadrando i risultati da raggiungere in un determinato campo.
8. I premi
Di conseguenza, il risultato raggiunto merita un premio. Servirà a stimolare nuovi miglioramenti.
9. Le scuse
La parola magica: scusa. L’umiliazione iniziale – ammettere di aver sbagliato – può generare la consapevolezza di aver compiuto un passo importante e difficile. Non è da tutti scusarsi, ma solo da persone davvero in gamba.
10. Il dialogo
Parlare con i figli, sempre e comunque, evitare chiusure punitive o ostentare la delusione in modo eccessivo. Perso il punto di riferimento della famiglia, i ragazzi rischiano di diventare irrecuperabili, o comunque di annaspare sempre più nella palude di comportamenti sbagliati in cui gli unici esempi sono quelli appresi nel “branco”: niente di peggio.
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