
Addio alla privatizzazione dei rapporto di lavoro nei settori pubblici?
C’era una volta lo stato giuridico, cioè un insieme di norme legislative che regolavano ogni aspetto del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, dall’assunzione al pensionamento.
Tutto era definito per legge e anche i contenuti specifici della contrattazione con i sindacati finivano in un provvedimento legislativo (DPR) nel quale le Organizzazioni sindacali avevano soprattutto un ruolo di proposta e di consenso.
C’era, fin dal 1957, il Testo unico degli impiegati civili dello Stato che affondava le sue radici nelle lontane regole pubblicistiche del rapporto di lavoro e che aveva fatto poi da “padre” a diverse produzioni minori dei vari comparti pubblici che, per la scuola, furono raccolte in uno dei decreti delegati del 1974.
Circa quindici anni fa, nella modernizzazione del Paese lo Stato giuridico del personale civile dello Stato è diventato oggetto di revisione e la maggior parte dei contenuti del rapporto di lavoro sono stati contrattualizzati, secondo le regole civilistiche che da tempo guidavano i rapporti di lavoro del settore privato.
Da quel momento il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici è stato in prevalenza di natura privatistica, cioè definito direttamente dalla contrattazione, lasciando al vecchio stato giuridico pochi contenuti ancora di competenza diretta dello Stato.
E ora che succede? Sembra di assistere a un’inversione di tendenza. Probabilmente nessuno pensa di annullare la privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, ma dietro la previsione che diversi importanti suoi contenuti ritornino all’interno dello stato giuridico, come sembra in programma, si nasconde la volontà di restituire potere al Parlamento e all’Amministrazione pubblica, ai danni dei sindacati.
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