Abolire i voti bassi/1. Pro e contro

Si è molto parlato nei giorni scorsi della proposta del preside di uno dei più noti licei di Milano, il Berchet, di escludere in sede di scrutinio i voti inferiori al quattro con la motivazione che “i due e i tre creano troppa frustrazione nei ragazzi”. Il Collegio dei docenti, chiamato a deliberare in materia, ha preferito per il momento rinviare ogni decisione.

Si è subito aperto, o meglio riaperto, il confronto sull’argomento tra chi, come il preside del Berchet, ritiene i voti bassi controproducenti perché demotivanti, causa di frustrazione e di perdita dell’autostima, e chi invece li ritiene utili per spronare gli studenti a impegnarsi di più, sempre che l’insegnante sappia accompagnare il voto con opportune azioni di sostegno e rimotivazione dell’alunno.

Un rapido sondaggio condotto da Tuttoscuola tra alcuni insegnanti interpellati sul tema mostra che soprattutto nel primo ciclo la maggioranza è d’accordo con il preside, mentre tra i docenti di scuola secondaria superiore i pareri sono più discordi, con prevalenza di coloro che sostengono che la scala decimale vada usata tutta. Non solo perché è quanto dispone la normativa vigente ma per ragioni di trasparenza: se fosse stabilito che non si può dare voti inferiori a quattro lo studente (e la sua famiglia) non avrebbero una piena consapevolezza del livello effettivo di insufficienza indicato da quel voto, se grave (un quattro ‘normale’) o gravissima (un quattro dietro il quale si nasconde un tre o un due).

Come si vede ci sono pro e contro l’abolizione dei voti bassi, o meglio bassissimi, mentre è largamente condivisa l’opinione che in ogni caso l’assegnazione del voto è solo una parte, e nemmeno la più importante, dei compiti educativi che spettano al docente.