A che serve studiare le guerre puniche… Sottrarre o aggiungere?

In un corsivo pubblicato nel Corriere della Sera dello scorso 30 novembre Nuccio Ordine, professore di Letteratura italiana nell’Università della Calabria e apprezzato collaboratore del quotidiano milanese, torna sulla vexata quaestio dello spazio da riservare alle discipline umanistiche nei curricula scolastici. L’occasione gli è fornita da una recente affermazione di Roberto Cingolani, ministro della transizione ecologica, che chiedendo più spazio per le materie tecniche ha chiesto polemicamente “allora perché studiare tre o quattro volte le guerre puniche?”  

Nell’articolo, intitolato “Le sottrazioni non aiutano gli studenti”, Ordine considera “evidente che alla richiesta di ampliare gli indirizzi scientifici debba seguire un taglio alle discipline umanistiche (oggi la storia, ieri altri insegnamenti)”. Una operazione, a suo avviso, totalmente sbagliata, perché non per sottrazione occorrerebbe procedere ma, al contrario, per addizione. “I veri scienziati (come hanno più volte ribadito Albert Einstein, Murray Gell-Mann, Giorgio Parisi e altri premi Nobel) sanno benissimo”, argomenta Ordine, “che una buona formazione è anche legata alla curiositas e alla capacità di coniugare la scienza con la filosofia, la musica, l’arte o la letteratura. Alla stessa maniera, una cultura umanistica senza una robusta base scientifica non aiuterebbe a capire molti aspetti del mondo in cui viviamo”.

Per le stesse ragioni ci si dovrebbe opporre alla riduzione della durata della scuola secondaria superiore da 5 a 4 anni, in sperimentazione in un numero crescente di istituti. Ma “siamo sicuri che questa ‘fretta’ renderà migliori i nostri studenti?”, si chiede.  “Non sarebbe meglio aiutarli a crescere per ‘addizione’ piuttosto che per ‘sottrazione’? Il sapere, ce lo insegnano i classici, è come l’amore: quando si ama, senza togliere niente a nessuno, si somma uno più uno. Così lo studio di una disciplina si può aggiungere allo studio di un’altra”.

Va detto che l’appesantimento dei piani di studio ha spesso portato (non solo in Italia) alla loro frammentazione in una congerie enciclopedistica di discipline (se ne discusse quasi trent’anni fa anche a proposito dei Programmi della commissione Brocca, che prevedevano 34 ore settimanali), cui si sono contrapposte nel tempo varie proposte di alleggerimento e più recentemente quella dell’individuazione di un core curriculum con materie elettive o opzionali nell’ambito di una strategia di personalizzazione degli itinerari formativi individuali.

Comunque il problema posto da Ordine per quanto riguarda lo spazio da riservare alla storia (o meglio alla formazione della coscienza storica) esiste e va affrontato perché, come egli conclude, “La tecnica guarda al futuro, è vero. Ma senza il passato non andrà molto lontano”.

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