
Il sostegno occupazionale dei giovani
Il “Progress Report” relativo al 2007 è una miniera di dati e di informazioni e merita un’attenta lettura. Preoccupazione desta anche il declino, sempre nel periodo 2000-05, del numero delle lingue straniere apprese nella scuola superiore. Su un dato in particolare è urgente riflettere, poiché tocca il nocciolo stesso della strategia di Lisbona: l’Italia (in un campione di 12 paesi) è la nazione con il più alto tasso di non rispondenza tra il lavoro svolto e la formazione ricevuta. Le ricadute sono molteplici e sottolineano in primo luogo che le politiche formative ed occupazionali dispiegate nell’ultimo decennio non hanno prodotto i risultati attesi. La crescita occupazionale dei giovani non può venire dagli incentivi, ma dalla creazione di una nuova cultura. Per far crescere i giovani dobbiamo cambiare la loro cultura, rimuovere i fattori di contesto che sono all’origine delle difficoltà, fare entrare in contatto gli studenti con le esperienze di vita e di lavoro dei lavoratori e poi farli tornare in classe.
Altra causa è certamente rappresentata dalla durata della scuola secondaria che in Italia dura un anno in più rispetto ad una pluralità di paesi e, nonostante i tentativi di riforma che si susseguono nel nostro paese, dal mancato adeguamento degli interventi del sistema scuola ai bisogni formativi che derivano dall’evolversi delle dinamiche sociali. Occorre innalzare i livelli di competenza di tutti gli alunni, far acquisire nuovi metodi di utilizzazione delle conoscenze per una significativa traduzione operativa nel mondo del lavoro.
Sistema educativo, mercato del lavoro, sistema di welfare sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per mettere i nostri giovani in condizione di diventare adulti. Essi hanno bisogno di opportunità, non dell’illusione di crescere con gli aiuti.
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