
Obbligo, diritto-dovere, nuovo obbligo: che confusione
Tra i decreti legislativi della legge n. 53/2003, "precari ma vigenti", secondo la sintetica espressione del viceministro Bastico, ce ne sono due – il 76/2005 sul "diritto-dovere" di istruzione e formazione per 12 anni e il 226/2005 sul secondo ciclo – che regolano le modalità di assolvimento del "diritto-dovere".
Il primo definisce le norme generali, e stabilisce fra l’altro (art. 1, comma 5) che "nelle istituzioni scolastiche statali la fruizione del diritto non è soggetta a tasse di iscrizioni e di frequenza"; il secondo interviene di nuovo sulla materia con un articolo riguardante la gradualità dell’attuazione del medesimo "diritto-dovere" (art. 28), che "a partire dall’anno scolastico e formativo 2006/2007 (…) ricomprende i primi tre anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione realizzati sulla base dell’accordo-quadro in sede di Conferenza Unificata 19 giugno 2003". Da molte scuole giungono fra l’altro al Ministero richieste di chiarimento sulla "tassabilità" del terzo, ma anche del secondo anno.
Ora sulla stessa materia, ridefinita in forma di obbligo d’istruzione a 16 anni, interviene, in modo però ancora non ben precisato, anche una norma della legge finanziaria 2007, varata dal Governo la scorsa settimana. Probabilmente la nuova disciplina abroga le norme sopra citate (ma dovrà prevederlo esplicitamente, per evitare che a confusione si aggiunga altra confusione), sostituendole con l’obbligo di frequentare un corso di istruzione fino ai 16 anni, ma è possibile che si sia trovato un dispositivo che consente alle scuole di diversificare l’offerta in accordo con le Regioni e gli enti locali. D’altra parte anche il D. Lgs. 76, art. 4, prevedeva misure del genere a favore degli allievi a rischio di dispersione.
E’ prevedibile che il nuovo progetto miri a superare le separazioni del sistema ipotizzato dalla riforma Moratti specie per l’istruzione tecnica e professionale e la formazione professionale, fino a giungere a un sistema unitario, ancorché pluralistico, creando alcune grandi aree formative omogenee entro cui collocare percorsi il più possibile polivalenti.
C’è da augurarsi che su questa materia si faccia chiarezza, con la massima sollecitudine.
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