Valditara rilancia il ‘merito’ come riscatto: tra scuola, condotta e valorizzazione dei talenti
Il merito come parola divisiva, la scuola come luogo di riscatto e non di rimozione delle difficoltà, la disciplina come elemento formativo e non punitivo. Nell’intervista rilasciata a Radio Atreju, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara torna a delineare con chiarezza l’impianto culturale e politico che guida le scelte del dicastero: una scuola chiamata a valorizzare i talenti, misurarsi con le fragilità e contrastare, senza ambiguità, ogni forma di deresponsabilizzazione. Secondo Valditara, il concetto di merito “fa paura a una sinistra che per cinquant’anni ci ha insegnato che è una brutta parola”. Una lettura fortemente identitaria, che colloca il tema al centro di un confronto ideologico di lungo periodo. Ma, nella narrazione del Ministro, il merito non coincide con selezione elitaria: significa piuttosto “mettere ogni giovane nelle condizioni di dare il meglio di sé, attraverso l’impegno”, riconoscendo differenze, storie personali e potenzialità spesso inespresse.
La scuola che non rimuove il fallimento
Nel suo intervento Valditara insiste su un’idea di scuola che non nega l’esistenza delle difficoltà, delle frustrazioni e perfino degli errori gravi. “La scuola – afferma – deve insegnare ad affrontarli e a superarli”. A sostegno di questa visione, il Ministro richiama l’esperienza di un istituto visitato recentemente, dove studenti con alle spalle bocciature ripetute e persino vicende penali hanno trovato un percorso formativo adeguato alle loro capacità, arrivando – sottolinea – a un tasso di inserimento lavorativo immediato del 100%.
È in questo passaggio che Valditara colloca la sua definizione più concreta di “scuola del merito”: non quella che esclude, ma quella che rende possibile il riscatto, consentendo di rialzarsi dopo una caduta. Un messaggio che intercetta una domanda reale del sistema educativo, soprattutto nei contesti più fragili, ma che apre anche interrogativi sulla tenuta strutturale di questi modelli e sulla loro replicabilità su larga scala.
Condotta ed esame di maturità: linea dura sulla responsabilità
Ampio spazio è dedicato alle modifiche introdotte sul voto di condotta e sulle regole dell’esame di Stato. Il Ministro ribadisce l’impianto della riforma: con il 5 si viene bocciati, con il 6 si è rimandati a settembre, chiamati a preparare e discutere un elaborato come avviene per qualsiasi disciplina. Dal 7 in su si è promossi, con effetti differenziati sui crediti per la maturità.
Nel mirino del Ministro finiscono poi gli studenti che hanno scelto la “scena muta” all’orale dell’esame. Un comportamento che, secondo Valditara, dimostra una mancanza di maturità e un disprezzo per l’impegno dei compagni. Particolarmente duro il giudizio sulla narrazione mediatica di questi episodi, accusata di averli presentati come gesti quasi eroici.
In contrapposizione, Valditara richiama l’esempio degli studenti delle scuole in ospedale, che pur in condizioni di grave malattia hanno scelto di sostenere l’esame, conseguendo in molti casi risultati eccellenti. È da qui che, nella visione del Ministro, passa la costruzione di cittadini capaci di affrontare la vita adulta.
Agenda Sud e dispersione: i dati rivendicati dal Ministro
Sul fronte delle politiche territoriali, Valditara rivendica i risultati di Agenda Sud, presentandola come la prima strategia organica dedicata al Mezzogiorno. I dati citati parlano di apprendimenti significativamente più alti nelle scuole coinvolte: tre volte superiori in Puglia, due volte e mezzo in Campania rispetto agli istituti non interessati dal piano.
Il Ministro sottolinea anche il riconoscimento internazionale dell’iniziativa, ricordando l’invito dell’OCSE a Parigi per illustrare la buona pratica, e collega questi interventi al calo della dispersione scolastica, che secondo stime INVALSI sarebbe scesa nel 2025 al 9,3%. Numeri importanti, che tuttavia richiedono continuità di investimento e una valutazione indipendente degli effetti nel medio periodo.
Educazione alle relazioni e “rivoluzione culturale”
Infine, Valditara rivendica l’introduzione dell’educazione alle relazioni e al rispetto, in particolare verso le donne, a partire da settembre 2024. I dati forniti parlano di un’adesione ampia: l’87% delle scuole superiori ha risposto, il 97% ha attivato i corsi e nel 70% dei casi i docenti segnalano cambiamenti comportamentali positivi negli studenti.
Il quadro si chiude con una dichiarazione che va oltre la dimensione scolastica: la necessità, secondo il Ministro, di una “vera e propria rivoluzione culturale” per superare modelli educativi e sociali radicati da decenni. Una sfida ambiziosa, che chiama la scuola a un ruolo centrale ma che, inevitabilmente, riapre il confronto su pluralismo, partecipazione e senso condiviso dell’educazione pubblica.
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