Dibattito sull’IA/1. Punto a capo. Il futuro è nel passato
“Punto e a capo. Per una rigenerazione della scuola” (edizioni Mimesis, 2025), è un complesso progetto di ripensamento del sistema scolastico italiano in tutti i suoi aspetti, curato da Luciano Boi e Michele Maggino, che si pone in netta controtendenza rispetto ai fautori della digitalizzazione dei processi di apprendimento. Gli autori condividono il pensiero del noto critico letterario e saggista Carlo Ossola, del quale viene riportata la seguente affermazione: “La scuola deve ridiventare il centro indiscusso della formazione e della conoscenza individuale. In una realtà sempre più segnata da scienze applicative e tecnologiche, la memoria poetica e la cultura umanistica devono rivendicare la loro funzione critica e riacquistare una centralità ermeneutica – l’arte di sapersi porre delle domande e di saper cercare delle risposte”.
Il progetto è stato ideato ed elaborato all’interno dell’Accademia Vivarium Novum, che si definisce come “una realtà culturale che guarda al passato rivolgendosi al futuro”, anche se punta in un prossimo futuro a incidere concretamente anche sui percorsi istituzionali.
I contributi offerti dai 15 coautori di questo studio (di quasi 500 pagine) – tra i quali noti studiosi come il pedagogista Raffaele Mantegazza e il matematico Lucio Russo – convergono, da punti di vista diversi, sulla conclusione che le nuove tecnologie informatiche, profondamente pervasive e trasformative sia sul piano sociale che individuale, modificano radicalmente le modalità di acquisizione e trasmissione del sapere, ma non in meglio: esse, non permettendo più la conservazione di conoscenze secondo i modelli tradizionali, basati su codici alfabetici, sequenziali o su esperienze empiriche, rischiano di esporre gli studenti a realtà virtuali prefabbricate, facilmente confuse con quelle naturali, senza fornire loro gli strumenti critici necessari per comprenderne la logica progettuale e i limiti.
“La didattica digitale, fondata sulla dematerializzazione e sull’assenza della dimensione corporea”, si legge nell’introduzione, “riduce l’espressività, la riflessione e la rielaborazione critica che si sviluppano in classe attraverso il dialogo, la reciprocità dello sguardo e l’interazione umana. In definitiva, una pedagogia che disconnette i bambini dal mondo fisico per collegarli a uno spazio virtuale rischia di negare la dimensione umana e vitale dell’educazione”.
La tesi sostenuta nel progetto è che il futuro dell’umanità possa evolvere in meglio soltanto attraverso il pieno sviluppo delle potenzialità umane, che si ottiene valorizzando la cultura umanistica e la relazione tra docenti e discenti. “Tale prospettiva”, sostiene Maggino, “rappresenta una radicale antitesi al progetto ‘transumanista’, ovvero all’idea secondo la quale dovremmo usare la tecnologia per superare i confini della condizione umana, cioè trascendere interamente la nostra biologia attraverso la fusione di noi stessi con il mondo digitale/cibernetico. Quest’ultima visione è quella vincente nell’attuale momento storico perché supportata dalle élite e dai poteri forti in ambito finanziario e imprenditoriale (pensiamo all’oligopolio soverchiante operato dalle cosiddette GAFAM, ossia le cinque potenze che regnano sul mondo della tecnologia e del trattamento dei dati – Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft)”.
Il futuro, un futuro migliore, insomma, si conquista guardando indietro, al passato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via