
TALIS/2. C’è chi festeggia la riduzione dell’orario settimanale da 60 a 55 ore. E l’Italia?

In merito ai carichi di lavoro, nell’indagine TALIS 2024, è emersa una generale convergenza sulla tesi che un loro eccessivo peso influisca sul benessere psicofisico degli insegnanti, sulla loro soddisfazione lavorativa e sulla efficacia della didattica, e che ciò renda più difficile per gli insegnanti aiutare gli studenti ad apprendere.
Il caso limite citato nell’indagine è quello del Giappone dove, anche a causa della carenza di insegnanti, e per la generalizzata disponibilità al lavoro straordinario, l’orario effettivo di lavoro può arrivare anche a 80 e più ore settimanali, di cui 55 da contratto e le altre per prestazioni straordinarie, in parte regolamentate (il governo ha cercato di contenerle per legge a un massimo di 45 ore al mese, e punta a ridurle a 30 entro l’anno fiscale 2029), ma in parte fatte in nero, con un sovraccarico che ha causato un aumento dei decessi e dei suicidi.
Secondo TALIS 2024 gli insegnanti delle scuole elementari giapponesi hanno lavorato in media 52,1 ore a settimana e quelli delle medie 55,1 (le medie internazionali sono rispettivamente di 40,4 e 41 ore): quattro ore in meno rispetto al 2018, quando il loro contratto ne prevedeva quasi 60, ma sempre molto al di sopra della media globale, e senza tener conto del lavoro straordinario volontario, che i partecipanti all’indagine non hanno dichiarato.
È vero che in questo orario è compreso tutto (oltre alle ore settimanali di lezione, mediamente 23,2 per la scuola primaria e 17,8 per la scuola secondaria, anche la preparazione e la correzione dei compiti, la partecipazione alle riunioni ecc.), ma comunque si tratta di un carico di lavoro impensabile per la maggior parte degli insegnanti europei.
La percezione della pesantezza del carico di lavoro diminuisce, nota TALIS, quando gli insegnanti hanno fiducia nelle proprie competenze. Viene citato come esempio positivo, a questo proposito, il caso della Repubblica Ceca, che pur avendo registrato un fortissimo aumento di studenti rifugiati dal 2018 (circa il 71% delle scuole ne ospita nel 2024 almeno uno, rispetto al 4% delle scuole nel 2018), segnalano bassi livelli di stress legato al mantenimento della disciplina in classe. Ciò dipende dalla “elevata autoefficacia” e fiducia in sé dei docenti, sottolinea l’indagine.
I risultati relativi all’Italia saranno illustrati il prossimo 15 ottobre nella sede del MIM dall’INVALSI con la partecipazione di rappresentanti dell’OCSE e della Commissione Europea. Non si prevedono rose e fiori…
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