INVALSI 2025 tra luci e ombre

Cosa dicono i dati INVALSI 2025? Nel complesso, anche quest’anno la rilevazione tende a confermare punti di forza e di debolezza noti da decenni e del tutto convergenti con quelli riscontrabili attraverso indagini le internazionali IEA  e OCSE.

Iniziamo dalle note incoraggianti.
Una prima notizia positiva è indubbiamente rappresentata dal calo della dispersione scolastica. Secondo l’INVALSI, questo significa che “sempre meno giovani lasciano la scuola anzitempo, e un numero crescente di studenti riesce a conseguire un diploma o a proseguire in percorsi di istruzione e formazione, con ricadute positive sull’equità sociale, sull’occupabilità e sulla coesione territoriale”.

Il dato, indubbiamente incoraggiante, va letto alla luce delle trasformazioni sociali che dal secondo dopoguerra caratterizzano la nostra società e in particolare sono associate all’ingresso e alla permanenza a scuola di fasce di popolazione che precedentemente erano escluse o espulse. Da questo punto di vista, le rilevazioni INVALSI sono utili a sfatare un persistente luogo comune, ovvero quello legato al peggioramento nei livelli di apprendimento delle giovani generazioni. Già l’indagine OCSE-PIAAC ha recentemente confermato che le conoscenze e le abilità nella lettura e in matematica delle giovani generazioni sono in realtà – in Italia più che altrove – significativamente migliori rispetto a quelle evidenziati dalle generazioni più in là con gli anni. Il che non significa che sia in atto un progressivo miglioramento ma che, presumibilmente, ci troviamo di fronte a un quadro più stabile di quanto non si creda. Come fa notare l’INVALSI, “una quota significativa di studenti che prima avrebbe interrotto il percorso scolastico, oggi rimane nel sistema, spesso presentando maggiore fragilità negli apprendimenti. Tale dinamica si riflette inevitabilmente sugli esiti medi delle prove INVALSI, che tendono in alcuni gradi scolastici a una leggera contrazione. È però importante sottolineare che questo calo non è da intendersi come un peggioramento qualitativo, bensì come un effetto di popolazione legato a un accesso più ampio e inclusivo all’istruzione”.

In poche parole, secondo l’istituto i lievi peggioramenti in alcuni ambiti nei punteggi medi sono associabili all’ampliarsi della popolazione testata, dato che, soprattutto nella scuola secondaria, studenti che prima avrebbero lasciato gli studi ora proseguono e partecipano alle rilevazioni.

Una seconda nota incoraggiante è data dal persistente miglioramento in Inglese. In un quadro caratterizzato da scostamenti che generalmente sono poco o per nulla significativi in Italiano e Matematica, si apprezza, rispetto alle edizioni di qualche anno fa, un significativo e sostanzioso miglioramento dei punteggi nelle prove in lingua straniera. Il buon andamento in Inglese è generalizzato ma riguarda in misura prevalente la popolazione di origine straniera.

Veniamo ai risultati per i diversi gradi.

Nel nostro sistema d’istruzione, la scuola primaria continua a far registrare i migliori risultati, un dato che è coerente con quanto evidenziato da decenni anche dalle indagini internazionali.  In particolare, le percentuali di studenti che al quinto anno della scuola primaria raggiungono il livello base sono pari al 75% in Italiano, al 66% in Matematica, mentre in Inglese si raggiunge il 91% nella prova di lettura e l’86% in quella di ascolto.

Rispetto alle precedenti rilevazioni INVALSI, la scuola primaria non fa registrare differenze statisticamente significative. Va sottolineato però che già qui iniziano a emergere le disuguaglianze che poi si ampliano in maniera significativa nella scuola secondaria, come le differenze di rendimento rispetto al genere, quelle legate al retroterra sociale ed economico. Stesso andamento si registra riguardo ai divari tra nord e sud.

La scuola secondaria di primo grado fa registrare dati stabili rispetto allo scorso nelle percentuali di studenti che raggiungono il livello base in Italiano, Matematica e Inglese. Si riscontrano, in particolare, miglioramenti marcati in Inglese rispetto all’inizio delle rilevazioni.

Nella scuola secondaria di II grado, la percentuale di studenti che nel biennio raggiungono punteggi che l’INVALSI giudica “accettabili”  è sostanzialmente costante nel post pandemia.

Nel complesso, un peggioramento si riscontra nel quinto anno. In particolare, mentre in altre aree il calo nei punteggi è contenuto e statisticamente non significativo rispetto allo scorso anno, in Matematica la differenza è più marcata.

Da evidenziare, infine, l’avvio dell’indagine sulle “competenze digitali”, al termine del biennio della secondaria di II grado, che mostra risultati complessivamente positivi.

In sintesi, a parte alcune oscillazioni più o meno rilevanti, i dati INVALSI si posizionano in una linea di continuità sia rispetto alle precedenti rilevazioni effettuate dall’istituto sia rispetto alle indagini internazionali. Si conferma la tenuta complessiva della scuola primaria e l’accrescersi delle difficoltà e delle disuguaglianze territoriali, di genere e socioeconomiche a partire dalla scuola secondaria.

Piuttosto che impiegare goffamente i risultati per valutare l’efficacia di specifici progetti ministeriali o di questa o quella scelta didattica, faremmo meglio a leggere i dati con cautela. Va ricordato che non stiamo parlando di indagini sperimentali, ma si tratta di rilevazioni che offrono informazioni estremamente preziose per ragionare, in maniera sincronica e diacronica, su punti di forza e di debolezza a livello sistemico e che gli stessi strumenti si adeguano a tale scopo.

L’impiego dei dati INVALSI per definire eccellenti, competenti o fragili singoli studenti e singole studentesse, per delineare quadri apocalittici o esaltare ricette salvifiche, per celebrare il successo o per condannare il fallimento di determinate scelte ministeriali resta una delle tante dimostrazioni dell’infantilismo che caratterizza quella parte di popolazione del nostro paese che ci ostiniamo a definire “matura”.

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