
Censis/1. LItalia delle “sette giare”
Nel Rapporto Censis del 2014, quarantottesimo della serie, Giuseppe De Rita, presidente del Centro, fa appello alla politica perché recuperi il suo ruolo di guida, e lo faccia soprattutto a livello centrale, rilanciando la funzione di garanzia e salvaguardia dell’interesse nazionale dello Stato e della Pubblica Amministrazione. Soprattutto, in una situazione di disorientamento e sfiducia, serve che la politica crei nuovi orizzonti, nuove aspettative: oggi “nessuno più sa orientare le aspettative, eppure tutto nasce da un’aspettativa”, nota il sociologo.
È probabile che lanciando questo messaggio De Rita pensi anche alla scuola, a quei “processi formativi” che da sempre costituiscono uno dei capitoli più importanti del Rapporto.
Per la verità la scuola non compare tra le “sette giare”, la metafora con la quale il fondatore del Censis qualifica i “contenitori caratterizzati da una ricca potenza interna, mondi in cui le dinamiche più significative avvengono all’interno del loro parallelo sobbollire, ma senza processi esterni di scambio e di dialettica” e che sono “i poteri sovranazionali, la politica nazionale, le sedi istituzionali, le minoranze vitali, la gente del quotidiano, il sommerso, il mondo della comunicazione”.
Avrebbe però potuto inserire anche la scuola, farne l’ottava giara, perché la chiave analitica da lui proposta si adatta bene anche alla realtà del mondo della formazione, con la sua ancora elevata autoreferenzialità e la mancanza di forti relazioni e interazioni con la società esterna, quella delle altre “sette giare”.
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