Giannini: carriera per anzianità ma anche… per merito

Stamattina a Radio1 intervista al ministro dell’istruzione Stefania Giannini.

Nella prima parte dell’incontro radiofonico la Giannini parla come segretario nazionale di Scelta Civica: domande e risposte riguardano prevalentemente argomenti politici (Europa ed euroscettici, riforme del lavoro, manager pubblici e burocrazia, riforme, ecc.)

Nella seconda parte dell’intervista, aperta anche a interventi esterni, rispondendo ad un’esponente di “Cittadinanza attiva” che denunciava la diffusa mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici (a carico degli Enti locali proprietari) e l’incidenza preoccupante di strutture non a norma (39%), il ministro ha parlato di edilizia scolastica e dell’investimento di risorse (3,5 miliardi statali e quelli liberate dal patto di stabilità) per dare sicurezza a chi vive ogni giorno nella scuola e alle famiglie che lasciano i propri figli in luoghi che devono essere sicuri.

Gli investimenti – ha detto – possono costituire un piccolo shock positivo per la ripresa economica; l’anagrafe degli edifici scolastici, da tempo attesa, dovrebbe essere pronta tra pochi mesi.

Non poteva mancare poi un intervento sul merito, un argomento che si sa caro al Ministro.

La Giannini ha precisato innanzitutto che non ha mai pensato di proporre l’annullamento della progressione di carriera per anzianità, quanto, piuttosto, di affiancarla al riconoscimento del merito professionale. In Europa tutti i Paesi prevedono il riconoscimento del merito – ha detto – ma soltanto Grecia e Italia non lo prevedono.

Poiché in Italia manca la cultura della valutazione, il passaggio alla valorizzazione del merito non è indolore. Giannini ha riconosciuto l’importanza del ruolo dei capi d’istituto, ma ha precisato che essi non possono costituire l’unico soggetto deputato a valutare il merito del personale scolastico.

Parlando di merito era inevitabile parlare di concorsi. La Giannini ha criticato l’esperienza passata dei concorsi mancati e ha dichiarato che i circa 160 mila docenti precari degli 850 mila docenti in servizio costituiscono un pesante problema ancora allo studio.

Rispondendo ad un ascoltatore che lamentava lo scarso rapporto tra scuola e lavoro, il ministro ha osservato come in Italia la formazione professionale sia inadeguata al problema e che  effettivamente l’istruzione non concorre attualmente a preparare a sbocchi occupazionali adeguati con la scuola che non cura molto il collegamento con il mondo del lavoro.

La Germania – ha osservato – ha fronteggiato meglio degli altri la crisi economica: non è certamente un caso che da sempre essa investe in formazione professionale che, tra l’altro, là è statale.