
Verso un nuovo bipolarismo?
“C’è una profonda sintonia sulla legge elettorale verso un modello che favorisca la governabilità, il bipolarismo e che elimini il potere di ricatto dei partiti più piccoli”. Questa la sintesi, nelle parole di Renzi, dell’incontro di oltre due ore che il segretario del Partito democratico ha avuto sabato scorso con il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.
Non solo sintonia: ‘profonda’ sintonia, ha ripetuto Renzi, anche per quanto riguarda le riforme istituzionali. E siccome anche Berlusconi ha parlato di ‘piena’ sintonia, si deve concludere che sembrano esistere le premesse – una ‘larga intesa’ – per superare … le ‘larghe intese’ e tornare a un sistema politico bipolare se non tendenzialmente bipartitico.
Basterà per rendere l’Italia più governabile (e governata), per semplificare e velocizzare il processo legislativo, per eliminare il “potere di ricatto dei partiti più piccoli”, per usare l’espressione un po’ brutale ma di assoluta chiarezza utilizzata da Mattei Renzi?
La politica scolastica ne avrebbe probabilmente da guadagnare. Se le Camere con potere legislativo fossero state una sola la riforma dell’istruzione secondaria superiore sarebbe stata varata nel 1978, quando fu approvata per la prima volta (poi lo fu, inutilmente, anche nel 1983, 1985, 1993 e 2000).
Se i partiti minori non avessero avuto il forte potere di condizionamento di cui hanno goduto sia nella prima sia nella seconda Repubblica il grado di innovatività di certe leggi sarebbe stato molto maggiore. Il ministro Moratti, per esempio, scartò subito la proposta di ridurre la durata dell’istruzione secondaria superiore a quattro anni (suggerita dal gruppo di lavoro da lei stessa nominato, presieduto da Giuseppe Bertagna, e di cui faceva parte Norberto Bottani) a causa dell’opposizione immediatamente dichiarata da AN e dal Ccd (poi Udc) a qualunque modifica della quinquennalità in primo luogo dei licei e anche degli istituti tecnici.
Insomma il bipolarismo della seconda Repubblica non ha risolto i problemi della governabilità e di riforme (istituzionali e non) veramente innovative né con i governi di centro-destra né con quelli di centro-sinistra a causa della debolezza congenita di maggioranze eterogenee e contraddittorie, come insegna il caso della politica scolastica. Le ‘larghe intese’ sono arrivate some soluzione obbligata a seguito della consunzione di un genere di bipolarismo ormai logoro.
Per non cadere nella stessa impotenza riformatrice il nuovo bipolarismo che si profila dopo l’accordo tra Renzi e Berlusconi dovrà rimuovere prima di tutto le cause che hanno determinato la debolezza del bipolarismo fin qui realizzato.
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